La sfida del digitale – intesa come disintermediazione, reporting diffuso, gruppi di contatti autoalimentati – porta inevitabilmente a chiederci se l’editoria “vecchio conio” abbia ancora un senso e se il giornalismo “di prossimità” assolva ancora alla sua funzione storica. Domande non retoriche, specie se calate dentro una realtà secolare come quella de L’Araldo Lomellino, e domande alle quali come cittadini, prima ancora che come giornalisti, non dobbiamo esitare a rispondere affermativamente.
Nell’ecosistema del web, nato per connettere le persone con immediatezza e senza limiti spazio-temporali ma troppo presto diventato l’eterogenesi di se stesso, il lavoro del giornalista locale “di prossimità” è ancora più prezioso che in passato. Se un tempo questi era l’unico testimone e portatore della notizia, oggi il giornalismo deve assolvere alla funzione inderogabile di orientamento nel diluvio di informazioni che ognuno – benché privo di titoli e di autorevolezza e spesso armato di secondi fini – immette nelle eco-rooms sempre più settorializzate e profilate, sempre più ghettizzanti e ghettizzate.
In sostanza la sfida del presente per il giornalismo locale e localissimo è – paradossalmente – la riconnessione tra le persone di comunità che la Rete tende inesorabilmente a dividere e a mettere in contrapposizione attraverso una costante mistificazione “ingegnerizzata” della realtà
Per questo il traguardo de L’Araldo Lomellino deve essere salutato con rispetto per la sua storia ma anche con un benvenuto nella nuova mission di cui ci sentiamo di caricarlo. Consapevoli e fiduciosi che per i prossimi 120 anni questa prestigiosa pubblicazione continuerà a essere guida e fedele rappresentazione per la sua comunità.