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Case di comunità / Prosegue il progetto per la nuova sanità

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Va avanti il progetto per la realizzazione delle tre case di comunità nel territorio lomellino, strutture che contribuiranno a cambiare la sanità che tutti noi eravamo abituati a conoscere.

I nuovi progetti, previsti rispettivamente nelle città di Vigevano, Mede e Mortara, hanno come scopo quello di fornire un’assistenza integrata alla popolazione in una sorta di polimabulatorio, luogo in cui dovranno confluire specialisti nel settore sanitario e personale socio-sanitario.

IL PROGETTO Più nello specifico, Mede e Mortara diventeranno case e ospedali di comunità, diventando delle strutture con potenziamento di servizi e posti letto. Nel caso di Vigevano invece l’ex sede dell’Asl di viale Montegrappa, ora sotto rifacimento e ristrutturazione, diventerà la nuova casa di comunità della città ducale. «Sul territorio lomellino – fa sapere Ats Pavia – i progetti di ospedali e case di comunità procedono secondo la tabella di marcia, senza nessun imprevisto. Più in particolare, nella città di Vigevano si sta lavorando per l’attivazione di una casa di comunità, a Mede, invece, di due strutture, ovvero di una casa di comunità e di un ospedale di comunità, così come nella città di Mortara. È importante aggiungere, anche se non specificamente in territorio lomellino, ma ad esso collegato funzionalmente, il centro di Casorate Primo».

IL PERSONALE? Tasto leggermente più dolente, quello del reclutamento personale, questione gestita dall’Asst di Pavia e per cui già da tempo si era a conoscenza delle difficoltà di reclutamento. In Lomellina e a Vigevano, come nel resto del territorio provinciale e regionale, c’è una carenza ormai strutturale di infermieri e medici di medicina generale. A questi ultimi anzi la Regione intende alzare ulteriormente il massimale ed è pertanto difficile pensare che possano impegnarsi anche nell’attività presso le Case della comunità. Ne servirebbero di più, ma per averli occorre formarli e questo, con i bandi al ribasso degli ultimi decenni che hanno ridotto l’organico, richiede almeno un triennio, anche se molti medici sono inseriti negli ambiti carenti già durante la specialità.

Nonostante tutto si tratta di un’opportunità per i territori di avere punti di riferimento alternativi agli ospedali ed evitare gli accessi impropri al pronto soccorso. All’interno di queste strutture, inoltre, saranno presenti non solo équipe di medici di medicina generale, ma anche di pediatri, medici specialisti, infermieri e altri professionisti della salute come, ad esempio, tecnici di laboratorio, ostetriche e psicologi. Nel caso specifico degli ospedali di comunità, invece, questi saranno destinati a ricoveri brevi per pazienti a bassa intensità clinica o in dimissione dai nosocomi.

Rossana Zorzato

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