Rianimazione? Italiani bocciati

Solo il 16% degli italiani, in caso di arresto cardiaco, interverrebbe con le corrette manovre di rianimazione. Il 29% si limiterebbe a chiamare i soccorsi, il 21% offrirebbe supporto senza agire direttamente e il 32% agirebbe solo se guidato da un operatore al telefono. Sono dati che emergono da uno studio dell’Osservatorio Opinion Leader 4 Future, rilanciato dall’Italian Resuscitation Council (Irc) in occasione della Giornata Internazionale della Rianimazione Cardiopolmonare. Tra le principali resistenze, la paura di peggiorare la situazione (56%) e la scarsa conoscenza delle manovre di emergenza (42%).

AMAREZZA Una fotografia che non sorprende Marco Bonacina, presidente della Croce Rossa Italiana, Comitato di Vigevano. «Purtroppo la strada da fare è ancora lunghissima. Negli anni abbiamo fatto passi avanti, ma siamo lontani da una popolazione davvero consapevole e proattiva». La Croce Rossa vigevanese, come spiega Bonacina, è impegnata da tempo in un ampio lavoro di formazione rivolto a tutte le fasce d’età.

Partiamo dalle scuole materne, insegnando ai bambini a riconoscere un problema e a sapere come chiamare il 112 – spiega – Poi proseguiamo con corsi di primo soccorso, rianimazione cardiopolmonare e utilizzo del defibrillatore. Anche un gesto semplice, come saper dire dove ci si trova o come si chiama la mamma, può fare la differenza.

Ambulanza notte

SENSIBILIZZAZIONE L’educazione precoce alla gestione delle emergenze è cruciale. «Abbiamo casi di bambini di quattro o cinque anni che hanno salvato la vita a un familiare grazie alla prontezza con cui hanno allertato i soccorsi – continua Bonacina – Se un adulto inizia il massaggio cardiaco prima dell’arrivo dell’ambulanza, le probabilità di sopravvivenza aumentano esponenzialmente». Eppure, la conoscenza rimane scarsa. Secondo la stessa indagine, solo il 24% degli italiani saprebbe definire correttamente un arresto cardiaco e appena l’11% lo distinguerebbe da un infarto. Il 74% non ha mai frequentato un corso di primo soccorso, e solo il 20% conosce davvero il funzionamento dei defibrillatori automatici esterni (Dae). «Il problema – continua – è che spesso le persone non si rendono conto di quando chiamare il 112. A volte lo si chiama per motivi banali, mentre in altri casi, quando servirebbe davvero, si perde tempo prezioso. Invece, allertare i soccorsi nei tempi e nei modi giusti può salvare vite». Il 112, Numero Unico Europeo per le emergenze, è oggi l’equivalente del 911 americano. «Con una sola chiamata si possono attivare contemporaneamente ambulanza, vigili del fuoco, forze dell’ordine e ogni altra unità necessaria – aggiunge il presidente della Cri vigevanese – È un sistema coordinato e rapido, ma deve essere conosciuto da tutti, nessuno escluso».

CAMBIAMENTO Sul piano nazionale, l’Italian Resuscitation Council insiste sulla necessità di un cambiamento culturale. «Le tecniche di primo soccorso dovrebbero essere insegnate fin dalla scuola e integrate nei corsi per la patente di guida», ha dichiarato il presidente di Irc, Andrea Scapigliati. «Dove la formazione è più diffusa, la sopravvivenza può addirittura triplicare». La legge 116/2021 prevede già la formazione obbligatoria scolastica e strumenti digitali come un’app per localizzare i defibrillatori presenti sul territorio, ma l’attuazione è ancora disomogenea tra le regioni. «Arrivare al momento di un’emergenza e trovare una persona già sotto trattamento – conclude Bonacina – significa aumentare in modo decisivo le possibilità di salvezza del soggetto».

Rossana Zorzato

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