Home Primopiano Vigevano e Lomellina, l’inquinamento non passa: eppure qualche soluzione c’è

Vigevano e Lomellina, l’inquinamento non passa: eppure qualche soluzione c’è

0
Inquinamento atmosferico 03
Pianura Padana, l'area più inquinata d'Europa

A Vigevano l’inquinamento atmosferico non se ne va.

Nell’ultimo decennio in media l’incremento annuo è stato del 2.7% e il 2022 si è chiuso con una concentrazione di polveri sottili ben al di sopra delle raccomandazioni dell’Oms o del target fissato dall’Ue per il 2030.

Sette anni possono sembrare tanti, ma se si considera che nell’arco di dieci la situazione è rimasta sostanzialmente invariata per il valore assoluto, si ha la percezione di quanto poco sia il tempo per determinare una riduzione della media annuale del PM10 del 36.9%.

LA SITUAZIONE Il 2022 della città ducale si è chiuso con una media di 31.7 microgrammi al metro cubo, così come rilevata dalle centraline Arpa. In linea con quella di Parona (32.8) e superiore a quella di Sannazzaro (28.4); in questi due centri è rilevato anche il PM2.5 – più fine e più nocivo per la salute umana – che si è fermato rispettivamente a 22.8 e 20.0, invece dall’anno scorso non è più attiva la centralina di Mortara, sostituita dalla rilevazione del PM2.5 a Parona. Rispetto al 2021 Vigevano ha visto sì un sostanziale -29.4%, così come Parona -17.6%, ma questi non bastano a compensare il +50.2% e il +29.9% del 2021, che si uniscono al +1.0% e al +10.2% del 2020, cosicché nell’ultimo triennio la variazione rispetto a quello precedente è stata +2.0% e +5.1%. L’unico dato in miglioramento su base triennale è relativo al PM2.5 a Sannazzaro (-1%), anche questo tuttavia nell’ultimo decennio ha visto una crescita.

LE SOGLIE Anche guardando ai valori limite vigenti in Ue, tanto Vigevano quanto la Lomellina rientrano nei parametri – 40 e 25 microgrammi al metro cubo di media per il PM10 e il PM2.5 – ma in nessuna delle rilevazioni si rispetta il target fissato per il 2030 (20 e 10) né tanto meno quello dell’Oms (15 e 5), tenendo presente che la letteratura scientifica ha dimostrato che non esiste un valore al di sotto del quale l’inquinamento atmosferico non è dannoso e che i limiti sono quindi da intendersi come quelli massimi a cui un individuo dovrebbe essere esposto per non rischiare un impatto troppo grave per la salute. Del resto l’Ue stima 52mila decessi ogni anno legati all’esposizione al PM2.5, di cui un quinto in Italia, per lo più nella pianura Padana, una delle aree più inquinate d’Europa se non la più inquinata. Per quali patologie? Tumori, malattie cardiovascolari e respiratorie, da lievi a gravi.

FOCUS Se il contesto geografico – scarsa ventilazione, le Alpi a sfavorire la dispersione, ora la siccità che lascia le polveri ad accumularsi sulle strade per mesi, continuamente sollevate ad altezza naso dal passaggio delle auto – non è possibile affermare che la situazione sia la medesima in tutto il nord Italia e un’attenzione particolare merita Vigevano: perché ad esempio a Parona la media del decennio è stata -1.4% e a Pavia, nel periodo 2011-21, -4%, in calo come tutti i capoluoghi lombardi a eccezione di Sondrio (fonte report “Mal’Aria 2022” di Legambiente); ora nessuno pensa che lo smog si fermi ai confini comunali, ma se Vigevano va nella direzione opposta a quella della maggior parte delle realtà che o per vicinanza o per contesto urbano o per dimensioni le somigliano vuol dire che occorrono scelte politiche forti, anche a livello comunale.

SUGGERIMENTI E’ Legambiente, nel suo rapporto annuale sulla qualità dell’aria, a proporre alcune soluzioni. Mentre a Vigevano da 15 anni si discute di Ztl e da 2 si attende la pedonalizzazione di piazza Ducale nonostante le proteste di chi chiede di lasciare l’accesso ai mezzi a motore per le attività commerciali – che nel 2023 è un po’ come pensare di andare in motorino dal salotto alla cucina – nel mondo si parla di “Zez”, cioè “Zone a emissioni zero” vietate a ogni mezzo inquinante (si pensi alle aree B e C di Milano), e di “Lez”, “Zone a bassa emissione” anche per il riscaldamento mettendo al bando gli impianti più obsoleti, dai caminetti alle caldaie. Se le città diventano meno amiche delle auto, si aprono di più ai mezzi di trasporto pubblico – a Vigevano sarebbe interessante capire se sono sovradimensionati – e alla “Sharing mobility”, che non è solo condivisione dell’auto, ma anche realizzazione di piste ciclabili e di strade condivise tra bici e veicoli a motore, con precedenza alle prime, promuovendo l’uso delle due ruote a pedali per andare a lavoro o a scuola in una città in cui in 15 minuti è possibile andare dal centro alla periferia, più o meno lo stesso tempo che si impiega in auto considerando il traffico e/o la ricerca del parcheggio. Infine si può pensare a

ridisegnare lo spazio pubblico a misura d’uomo

seguendo progetti già esistenti come la “città dei 15 minuti” – di cui si è parlato anche al Festival delle Trasformazioni – dove è possibile trovare tutti i servizi a piedi in pochi minuti, la “città 30”, obbligando le auto a moderare la velocità anche ridisegnando la viabilità, o “Vision Zero”, per la sicurezza stradale e la prevenzione degli incidenti gravi. Realizzare tutto è arduo, ma non è un buon motivo per non iniziare a fare almeno qualcosa nel segno della rigenerazione urbana.

Giuseppe Del Signore

Exit mobile version