«Vocazioni in crisi». È un’espressione che torna così tante volte nel parlare comune così come nei media da aver quasi prodotto una sorta di “assuefazione anestetizzante” che lascia intravedere l’esistenza di un problema, ma non ne fa sentire il dolore e rende inconsapevoli dei danni che esso provoca.
QUALE FUTURO? Qualche tempo fa, allo scopo di risvegliare la coscienza del popolo di Dio sull’esponenziale calo numerico dei sacerdoti, una Diocesi del Centro Italia propose un video particolarmente forte nel quale si mostrava cosa significasse per un credente vivere senza la presenza dei ministri ordinati. Il racconto si concludeva con l’elenco dei numeri di ingressi in seminario negli ultimi anni per chiedersi poi «e nel futuro che ne sarà nella nostra Chiesa?». La domanda è interessante perché punta il dito su una questione che spesso si dimentica o non si considera abbastanza: la vita di speciale consacrazione e il ministero ordinato sono, insieme alla famiglia, le tre colonne sulle quali si regge l’esistenza di una Comunità cristiana. Non si tratta di accessori che abbelliscono la struttura, ma di ciò che le permette di stare in piedi.
GREMBO STERILE Non è questione funzionale di gestione di servizi o amministrazione di strutture, ma di “vita buona del Vangelo” resa possibile nell’oggi. Nella recente riscoperta della corresponsabilità dei laici si rischia proprio questa deriva: considerare il ministero o la consacrazione religiosa come un insieme di “compiti” che possono essere tranquillamente sostituiti da figure preparate senza che questo provochi il minimo problema. È invece l’identità di una Chiesa che si trova in pericolo quando, ridotta quasi a un grembo sterile, non è più capace di generare nuova vita di totale donazione e servizio al Vangelo.
Occorre allora interrogarsi non tanto sui mezzi o sulle campagne per promuovere le vocazioni, ma piuttosto sulla qualità della vita di fede che ogni Comunità porta avanti.
FIDERE AUDE Se è il Signore a chiamare, infatti, ogni realtà ecclesiale deve essere insieme “cassa di risonanza”, capace di creare le condizioni perché si possa percepire la voce, e “stanza insonorizzata”, dove il disturbo del mondo esterno non soffoca il soffio dello Spirito. In altre parole ogni Chiesa è chiamata a educare all’ascolto attraverso un credibile percorso di vita cristiana e a offrire spazi di silenzio e opportuna maturazione interiore dentro la normalità della vita parrocchiale e dei gruppi. Il fascino di una pastorale giovanile limitata al fare, alla formazione intellettuale o all’animazione e di una pastorale vocazionale per pochi eletti che già sentono una qualche inclinazione ad una scelta di vita, è un terreno minato dal quale non si può uscire illesi. Al tempo stesso la capacità di osare “proposte forti” a quanti già vivono una partecipazione alla vita comunitaria è altro indice di una possibile risposta matura alla situazione di crisi.
Don Carlo Cattaneo