Il “no” all’impianto di essiccazione fanghi (a scopo di incenerimento) al termovalorizzatore arriva dalla consulta dell’ambiente di Parona. Non piace alle associazioni ambientaliste, che la compongono, l’idea di bruciare anche i fanghi che saranno essiccati nel nuovo impianto che verrà costruito di fianco al termo e che ne utilizzerà l’energia prodotta e l’acqua, in un processo secondo Lomellina Energia di riciclo e non impattante sull’ambiente. Si tratta di un parere che non ha valore vincolante, perchè comunque l’autorizzazione spetta alla Regione.
«In una caldaia – spiega il presidente della consulta Riccardo Orlandi – saranno bruciati l’85% dei fanghi e il rimanente 25 andrà in altri impianti come quelli dei cemenifici. Si prevede che vengano smaltiti fino a 380 mila tonnellate di rifiuti e fanghi all’anno, secondo i limiti che sono già consentiti». Dal 2018 l’autorizzazione per bruciare i fanghi di depurazione (rilasciata nel 2013) è stata estesa alla seconda caldaia. Finora a Parona non si è mai raggiunto il limite di 380mila tonnellate di rifiuti, ma una delle paure è che con queste nuove autorizzazioni si possa incrementare o che comunque l’ambiente ne risenta. «La caldaia più vecchia- spiega Orlandi – verrà dismessa e si chiedono in aggiunta ai 380mila altre 137 mila tonnellate di fanghi che vengono sottoposte in una linea a un processo di essiccazione. L’altro problema è che in tutto arriveranno 14 camion in più al giorno, che si aggiungono ai 77 che già oggi arrivano all’inceneritore».
Il nuovo impianto quindi porterebbe a un aumento delle emissioni in atmosfera, anche se il processo non va a incidere su quelle che fuoriescono dal camino. Anche per questo Lomellina Energia è disponibile a sostituire l’attuale filtro del termo con un modello più avanzato ed efficiente, il cosiddetto denox. L’altro punto a favore del nuovo impianto che trova contraria la commissione è l’idea che bruciare i fanghi possa far diminuire lo spandimento in agricoltura in loco.
«In Lombardia – continua il presidente – si smaltiscono ogni anno 480mila tonnellate di fanghi. C’è un surplus del doppio rispetto a quelli prodotti, si tratta di rifiuti che vengono quindi prodotti in altre regioni.
Portarne così tanti a Parona dove già si inceneriscono i rifiuti, c’è ancora il divieto di consumo delle uova dovuto alla diossina e valori più alti di emissioni che in città, oltre che odori sgradevoli, non giova certo al paese. C’è il rischio che si arrivi a bruciare 500mila tonnellate di fanghi e comunque si allontana la prospettiva di ridurre l’impianto. Sappiamo anche che non c’è nessuna interazione con il ciclo di produzione locale dei fanghi e con i gestori lomellini degli impianti di depurazione».
L’altra ipotesi in campo riguarda il recupero del fosforo ma i paronesi sono scettici, anche perchè una sola caldaia dovrebbe essere dedicata a bruciare soltanto i fanghi essicati, mentre l’attuale progetto prevede ci entrino anche i rifiuti. Preso atto della relazione il sindaco Marco Lorena si riserva di presentare, in base a questa, delle osservazioni nella prossima conferenza di servizi in Regione il 19 settembre.
Andrea Ballone