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Avis Vigevano, la pandemia frena le donazioni

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Avis Vigevano

Al 9 aprile con l’assemblea dell’Avis di Vigevano si chiuderà il periodo di 8 anni nel quale è stato presidente Alessandro Ramponi (nella foto, ndr). In questo lasso di tempo il numero dei donatori è aumentato e fino a prima della pandemia era in crescita anche il numero delle donazioni. «È un bilancio – dice Ramponi – con un po’ di saliscendi, perché negli ultimi quattro anni siamo arrivati al massimo di donazioni. Per due anni abbiamo superato anche le 6mila annue. Negli ultimi due anni c’è stato un calo perché siamo scesi sotto i 5mila. La causa principale è il Covid perché c’è una specie di paura dei donatori a frequentare l’ospedale. Li abbiamo sollecitati chiamandoli a casa, però vogliono vedere come si evolve la pandemia. A tutti diciamo che l’ambiente in cui si dona è completamente asettico e privo di problemi e all’ingresso si prova la temperatura».

I PROBLEMI Il Covid non è l’unico freno che nell’ultimo biennio è stato posto alle donazioni. «Negli anni c’è stato un ricambio generazionale – continua – perché i vecchi avevano la mentalità della donazione a orologio: ogni tre mesi si presentavano spontaneamente. Ora bisogna convocarli e sollecitarli a donare, mentre le sospensioni sono all’ordine del giorno. Ad esempio per le cure dentarie. Se si fa l’impianto in bocca si viene sospesi quattro mesi; lo stesso vale per i tatuaggi. Poi c’è il problema dei viaggi. Se si va in paesi dove ci sono malaria o zanzara del Nilo per diversi mesi non può donare in attesa del periodo di latenza delle punture di questi infetti».

Le nuove norme hanno diminuito la quantità di donazioni, ma anche la qualità. «Il sangue raccolto – spiega Ramponi – oggi è più controllato rispetto al passato, ma ce n’è meno. Prima si raccoglieva dalla mattina alle 8 fino al pomeriggio. Ora entro le 11 bisogna spedire tutto il sangue che viene raccolto al Policlinico di Pavia dove c’è un centro donazione, perché non si può più portarlo a Vigevano. La cosa positiva di quest’anno è che siamo riusciti a organizzare la prenotazione così che i donatori possono scegliere le fasce orarie. L’altra cosa positiva è stata la crescita dei donatori. Siamo a 3900 donatori nel corso di quest’anno. Il problema è che le sacche raccolte procapite diminuiscono. Negli ultimi due le aferesi sono aumentate il sangue entra in una macchina che divide il plasma dalla parte corpuscolare viene reiniettata la parte non usata. Ci vuole circa un’ora di tempo».

IL FUTURO L’assemblea nella quale si deciderà il suo successore è fissata per il 9 aprile. «Il nostro obiettivo – spiega -è quello di incrementare le donazioni di sangue in un periodo nel quale c’è la necessità. Con la ripresa delle grandi operazioni dopo l’emergenza Covid 19 è arrivato infatti il grido d’allarme del Policlinico. Nel complesso possiamo dire che sono stati anni comunque positivi perché abbiamo operato sul territorio e abbiamo incrementato la base dei donatori. L’unico cruccio sta nel fatto che avremmo voluto avere un nuovo centro trasfusionale da Asst. Ci sono state fatte proposte mai andate a buon fine. Prima si parlava del vecchio pronto soccorso poi è arrivata l’emodinamica poi si parlava dell’ex oculistica. Noi saremmo stati anche disponibili a contribuire con dei fondi».

Andrea Ballone

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