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Siccità / Gli agricoltori: «La terra del riso sta scomparendo»

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PP Siccità Lomellina - Siccità campo
i campi lomellini assetati d'acqua (estate 2022)

L’Araldo ha interpellato le tre associazioni che riuniscono il mondo agricolo lomellino e pavese per comprendere lo scenario per il settore primario. Ecco le risposte di Coldiretti, Confagricoltura e Cia. (a cura di Gds, Ev)

3 COLDIRETTI: «IN PERICOLO TUTTE LE COLTURE»

Greppi, presidente di Coldiretti Pavia

Stefano Greppi è il presidente di Confagricotura Pavia, qual è la situazione per l’agricoltura pavese e lomellina e quanta parte del raccolto è a rischio per la siccità? Rispetto al 2021 che contrazione vi aspettate?

«La situazione è drammatica: il Po è in secca come mai negli ultimi 70 anni, i grandi laghi lombardi sono vuoti e i nostri campi sono arsi dalle temperature più elevate degli ultimi decenni. Se la situazione non dovesse cambiare rischiamo effetti pesanti su tutti i raccolti, tra l’altro in un momento in cui il Paese avrebbe bisogno di tutto il suo potenziale alimentare».

A rischio sono tutte le colture, dal riso al mais, dalla vite al frumento, dalla soia ai foraggi

A livello economico, qual è il danno stimato?

«La siccità è diventata la calamità più rilevante per l’agricoltura italiana, con danni stimati quest’anno pari a circa 2 miliardi di euro a livello nazionale per effetto del calo dei raccolti che hanno bisogno dell’acqua per crescere. A essere colpito dalla siccità è l’intero territorio dell’Italia, ma particolarmente grave è la situazione nella Pianura Padana, dove per la mancanza di acqua sono minacciati oltre il 30% della produzione agricola nazionale e la metà dell’allevamento che danno origine alla “food valley” italiana, conosciuta in tutto il mondo»

Quali sono gli interventi a breve e medio termine che proponete di attuare per contrastare la siccità?

«Come Coldiretti abbiamo già chiesto che venga dichiarato al più presto lo stato di emergenza nei territori interessati, tenuto conto del grave pregiudizio degli interessi nazionali e a fronte di una crisi idrica la cui severità si appresta a superare quanto mai registrato dagli inizi del secolo scorso. Accanto a misure per immediate per garantire l’approvvigionamento alimentare della popolazione appare evidente anche l’urgenza di avviare un grande piano nazionale per gli invasi, con interventi che Coldiretti propone da tempo»

Al di là della situazione climatica, era possibile fare qualcosa prima e nel caso perché non è stato fatto?

«Serve subito una rete di piccoli invasi diffusi sul territorio e in equilibrio con i territori, per conservare l’acqua e distribuirla quando serve ai cittadini, all’industria e all’agricoltura, con una ricaduta importante sull’ambiente e sull’occupazione. Coldiretti lo chiede da anni: abbiamo già presentato insieme ad Anbi progetti immediatamente cantierabili»

Se questa dovesse essere la nuova realtà climatica del nostro territorio, come cambierebbe l’agricoltura in lomellina e in generale in area padana?

«Ricordiamoci che l’Italia resta un Paese piovoso, con circa 300 miliardi di metri cubi d’acqua che cadono annualmente. Di questi però appena l’11% viene trattenuto: i cambiamenti climatici rendono necessari interventi strutturali che Coldiretti richiede da anni e che non sono più rinviabili»

2 CONFAGRICOLTURA: «IN LOMELLINA SIAMO AL COLLASSO»

Lasagna

In uno scenario di grave crisi idrica, come quello odierno, diventa fondamentale riuscire a limitare i danni in ambito agricolo. «La Lomellina ha raggiunto il collasso – denuncia Alberto Lasagna, direttore di Confagricoltura Pavia – ogni giorno che passa lo stress idrico aumenta esponenzialmente. L’intera zona è colpita dalla siccità, i raccolti stano per essere quasi compromessi, soprattutto il mais. Il riso non è ancora giunto alla completa capitolazione, ma verte comunque in una situazione critica. Quello che possiamo fare prossimamente, è cercare di limitare i danni. Accorpare la poca acqua disponibile e andare a ristorare i danni patiti dalle aziende agricole. Sarà necessaria una gestione più accurata dell’acqua, ma ad oggi riuscire ad immaginare uno stravolgimento immediato risulta alquanto complicato».

Per Lasagna esiste un’unica strada da percorrere: l’apertura delle dighe dell’arco alpino. «Come Confagricoltura – prosegue – proponiamo che da queste dighe si facciano confluire a valle 120 metri cubi al secondo per alcune settimane, altrimenti perderemo tutto.

Dobbiamo provare a mantenere la falda alta anche in inverno

«Se riuscissimo a effettuare delle sommersioni invernali, potremmo garantire acqua al bacino padano».

1 CIA: «SUBITO LA COSTRUZIONE DI NUOVI INVASI»

Fogagnoli e Zucchella

Una soluzione che trova d’accordo anche Carlo Emilio Zucchella, presidente di Cia Pavia. «Bisogna realizzare degli invasi alpini – spiega – trattenere l’acqua il più possibile, facendo sì che la maggior parte di essa non finisca in mare. Possiamo solo cercare di salvare il salvabile. Le aziende che producono riso hanno subito perdite economiche che si aggirano sul miliardo di euro. Non avendo disponibilità idrica, ci risulta impossibile preparare degli interventi a breve e medio termine. Rispetto all’anno scorso abbiamo perso il 50% del raccolto. Una situazione che è destinata a peggiorare. Se questa si rivelerà la nuova realtà climatica con cui dovremo fare i conti, sarà inevitabile un ritorno alle colture che richiedono un minore dispenso idrico, come grano e soia».

La Lomellina sicuramente non sarebbe più conosciuta come la terra del riso

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