Riconoscere in tempo i sintomi per curare tempestivamente e salvaguardare i polmoni dalla polmonite bilaterale.
INFEZIONE Conosciuta dai più soprattutto durante l’era Covid-19, la polmonite bilaterale è un’infezione che coinvolge contemporaneamente entrambi i polmoni e può colpire persone di tutte le età. A livello anatomico interessa gli alveoli, le piccole sacche deputate allo scambio di ossigeno e anidride carbonica. Quando si riempiono di liquido o pus, la respirazione diventa faticosa e l’organismo fatica a ossigenarsi correttamente. «È una condizione seria, ma con una diagnosi tempestiva e una terapia adeguata può essere trattata in modo efficace», spiega la dottoressa Anna Angela Rachele Beretta, pneumologa all’Istituto clinico Beato Matteo.
CAUSE I microrganismi responsabili possono essere diversi, tra questi batteri come Streptococcus pneumoniae e Staphylococcus aureus, virus influenzali o respiratori come il Sars-Cov-2, e più raramente funghi, soprattutto in persone immunodepresse. Nelle fasi iniziali la malattia può assomigliare a una semplice influenza, con febbre alta, brividi, tosse secca che diventa produttiva, dolore toracico, affanno, perdita di appetito e stanchezza marcata. «La dispnea è spesso il segnale che l’infezione è estesa e richiede una valutazione rapida», sottolinea la specialista. Ma rispetto alla forma monolaterale, la polmonite bilaterale è generalmente più aggressiva perché compromette una porzione maggiore del tessuto polmonare. Questo aumenta il rischio di ipossiemia, insufficienza respiratoria e, nei casi più complessi, ricovero ospedaliero. Negli anziani invece il quadro può essere ancora più delicato. L’immunità ridotta favorisce complicanze come sepsi e insufficienza d’organo e i sintomi possono presentarsi in modo atipico, con febbre lieve, confusione e peggioramento di patologie croniche.
PRESA IN CARICO Per questo una diagnosi precoce è fondamentale per la cura. La diagnosi passa da visita pneumologica, valutazione della saturazione, radiografia o Tac del torace ed esami di laboratorio utili a identificare l’agente infettivo. In alcuni casi servono anche esami più approfonditi, come l’emogasanalisi o l’emocoltura. Ma è pur sempre vero che la cura dipende dalla causa, quindi antibiotici per le forme batteriche, antivirali o terapie di supporto per quelle virali. Nei casi più severi possono essere addirittura necessari ossigenoterapia e ricovero, ma in generale la durata della terapia varia da 7 a 21 giorni. Il monitoraggio domiciliare o ospedaliero è fondamentale per prevenire complicanze come versamenti pleurici o danni permanenti al tessuto polmonare.
Non bisogna ignorare segnali come febbre persistente, affanno o dolore toracico – conclude – Un intervento precoce fa davvero la differenza nella guarigione.
Rossana Zorzato



