Addio a Mino Milani, il Salgari pavese

Uno sguardo limpido di eterno ragazzo, con occhi azzurri come il mare che aveva raccontato in tante sue avventure. È lo scrittore Mino Milani, scomparso giovedì 10 febbraio poco dopo aver compiuto il suo 94mo compleanno, circondato da parenti e amici. Mino Milani era nato a Pavia il 3 febbraio 1928. Laureato in lettere moderne nel 1950, viene assunto dalla biblioteca civica di Pavia, divenendone direttore nel 1964. La sua attività di giornalista e scrittore inizia nel 1953 con saltuarie collaborazioni al “Corriere dei Piccoli”, del quale diventerà uno dei più importanti ed apprezzati redattori fino al 1977. Tra i suoi libri per ragazzi si ricordano i volumi dedicati alle avventure del cow-boy Tommy River, le avventure fantascientifiche di Martin Cooper, le collaborazioni con i più importanti disegnatori italiani: da Hugo Pratt a Milo Manara, da Grazia Nidasio a Mario Uggeri, Aldo Di Gennaro, Dino Battaglia, Sergio Toppi, Attilio Micheluzzi.
Dopo la collaborazione con il “Corrierino”, diviene direttore del quotidiano “La Provincia Pavese”, incarico che lascia dopo poco più di un anno per dedicarsi alla scrittura di romanzi e di saggi, in particolare sulla storia di Pavia e sulle biografie di Giuseppe e Anita Garibaldi. Da alcuni suoi romanzi sono stati tratti film di successo, come “Fantasma d’amore” di Dino Risi, con Marcello Mastroianni e Romy Schneider. Sue le brevi storie vere de “La realtà romanzesca” per la Domenica del Corriere, e la serie di romanzi polizieschi ambientati nella Pavia ottocentesca col commissario Melchiorre Ferrari, che sono usciti per molti anni nel giorno di San Siro, patrono della città. Una città che Milani ha saputo mettere in contatto con la sua storica Università, unendo due realtà apparentemente distanti. Numerosa e commossa la folla che sabato 12 febbraio ha voluto rendergli l’ultimo saluto ai funerali celebrati nella cattedrale di San Pietro in Ciel d’Oro, a due passi da casa sua. Una bella palazzina Liberty con uno studio pieno di libri fino al soffitto. «Pavia è importante – aveva dichiarato in un’intervista all’Araldo qualche anno fa – perché è la città dove sono nato, ho studiato, ho avuto i primi amori e poi il matrimonio. È una città che, se tu accetti, ti offre bellezza, cultura, storia. E io la amo. Ma non sono come certi scrittori, anche italiani, che ritengono il proprio paese come il centro del mondo. Non esageriamo: Pavia non è Los Angeles, o Mosca, o New York».
Milani, a cui il Comune di Garlasco diversi anni fa aveva intitolato la biblioteca civica, aveva anche un forte legame affettivo con la Lomellina: «E’ una terra grande, questa: – ha scritto – tanto grande che, a valutarne e a capirne la vastità molteplice e insieme uniforme, non c’è bisogno di vedute aeree. Ti aiuteranno meglio le cose minime: il breve tonfo d’una rana che si tuffa nell’acqua ti dirà quanto è profondo il silenzio; il volo degli uccelli migranti in formazione ti rivelerà come è alto il cielo. Quel lume che vedi a notte, e che subito consideri irraggiungibile (troppo remoto per essere il lumicino delle fiabe) ti farà comprendere quanto è lontano l’orizzonte. Non sono rimaste molte terre così, in Italia, e nemmeno poche. Forse questa è l’ultima, ad essere così grande, silente, solitaria e insieme così vissuta dagli uomini».

Davide Zardo

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