Andrea Pfister l’indimenticato stilista, svizzero di nascita e vigevanese d’adozione, rivive in una tesi di laurea realizzata dalla collaboratrice del nostro giornale, Rossana Zorzato, che si è laureata lo scorso 10 novembre presso la Statale di Milano.
Il suo lavoro, per la “magistrale” di Editoria, culture della comunicazione e della moda, è una singolare tesi su quello che da molti è considerato un vero e proprio “genio della calzatura”, così come recita lo storytelling (https://rossanazorzato.altervista.org/) realizzato per l’occasione a supporto dell’argomentazione di base, ad ora solo per la visualizzazione su schermi desktop.
IL PROGETTO La studentessa lomellina (Rossana vive con la famiglia a Molino del Conte), dopo aver ricostruito la blasonata storia dello stilista italo-svizzero, ha presentato un interessante lavoro sui “quaderni” di appunti, dove è possibile riscoprire le idee e il modo di lavorare di uno stilista “cittadino del mondo”, ricercato da tanti personaggi del jet-set internazionale, in particolare da Nancy Reagan che, per lo stilista, aveva una vera e propria venerazione. Un vero e proprio lavoro certosino, reso possibile grazie al ritrovamento di alcune testimonianze esclusive dell’artista all’interno dell’Archivio storico di Vigevano, oggetti il cui valore costituiscono un tassello importante nello studio e nell’analisi della carriera dello stilista. In particolar modo, i materiali ritrovati fanno riferimento a un arco temporale definito, che va dalla fine degli anni Ottanta, fino ai primi tre anni del Duemila, sebbene all’interno di questo lasso di tempo vi siano alcuni anni mancanti. Tra questi materiali di estrema importanza, undici quaderni degli appunti, ordinati secondo un ordine cronologico e con note prese a mano dal designer stesso, e il ritrovamento di un raccoglitore con all’interno più di un centinaio di disegni dell’artista, rinominato “AP Disegni & Collezioni”.

L’ANALISI Il viaggio all’interno del mondo di Pfister inizia con una presentazione del designer con i momenti salienti della sua vita e si sviluppa su tutte le fasi della sua carriera: dai primi esperimenti artistici, fino al grande successo raggiunto soprattutto negli Stati Uniti, e ai materiali rinvenuti all’interno dell’archivio vigevanese, in cui ci si sofferma su un’analisi dettagliata delle pagine più significative, cercando di ricostruire quello che è il processo creativo dietro a ogni collezione e linea di moda. Parte importante di questo capitolo è dedicata alla descrizione dei bozzetti ritrovati, i quali sono stati suddivisi in sedici categorie, alcune delle quali assegnate da Pfister stesso. Una sezione significativa della tesi è stata dedicata alla descrizione delle fasi intraprese per la creazione dello storytelling multimediale, un progetto che ha permesso di raccontare in modo efficace quello che è stato il viaggio all’interno del mondo dell’artista, esaltando in un modo completamente unico e originale, quelli che sono stati i ritrovamenti fatti nell’archivio.

TESTIMONIANZA «Lavorare a questa tesi – commenta Rossana nelle conclusioni del suo approfondito lavoro – così come progettare la narrazione digitale, è stata per me una grande opportunità per poter conoscere e analizzare al meglio quella che è stata la carriera di un grande designer calzaturiero come Andrea Pfister. Quei quaderni degli appunti ritrovati – aggiunge – così come tutte le note apparentemente conservate alla rinfusa, erano inevitabilmente collegate l’una all’altra, come a costruire una narrazione che aspettava solo di essere raccontata. Di estrema importanza, infine, anche le testimonianze relative alla scelta dei materiali e agli ordini commissionati dall’artista, il quale ha lasciato fatture e, soprattutto, piccoli scampoli di pelle incollati all’interno delle pagine. Ultima tappa, ma non per importanza, la categoria riguardante i bozzetti dell’artista – sottolinea infine – una serie di testimonianze di estrema rilevanza e soprattutto di immenso valore per la carriera artistica dell’Andrea Pfister Couture. Oltre alla bellezza dei disegni, è stato possibile studiarne anche lo stile e la tecnica di catalogazione».
Massimo Sala