Il ritorno a Vigevano dopo tre anni. È il percorso dell’arazzo del ‘500 “Il rifiuto di Vashti, il cui restauro sarà presentato nell’aula magna del seminario vescovile venerdì 6 dicembre alle 17.15.
IL RITORNO Alle 19 sarà possibile visitare l’antica opera nella sala multimediale del Museo del tesoro del Duomo, dopodiché alle 19.30 si terrà la cena in seminario. L’arazzo è il più antico (si stima sia stato realizzato intorno al 1520) di una serie di tre manufatti fiamminghi che raccontano la storia biblica di Ester, la fanciulla ebrea che, dopo essere diventata la sposa del re persiano Assuero, riuscì a intercedere per il suo popolo, evitandone il massacro voluto dal perfido consigliere regale Aman. “Il rifiuto di Vashti” è stato restaurato dal laboratorio di Marta Lorenzetti di Cerea (Verona) con la supervisione di Gianna Bacci, già capo-restauratrice dell’Opificio delle pietre dure di Firenze, grazie al contributo della Fondazione Piacenza e Vigevano (70mila euro) e della Fondazione Banca del Monte (35mila).
LA SERIE BLU L’arazzo fa parte della “serie blu” donata nel 1534 da Francesco II Sforza, duca di Milano, alla chiesa ducale di Sant’Ambrogio di Vigevano. Francesco II l’aveva acquistata nelle Fiandre nel periodo di grande splendore dell’arte dell’arazzo, durante il quale si manifestarono profondi cambiamenti stilistici degli arazzi fiamminghi che abbandonarono lo stile tardo-gotico in favore di un linguaggio più plastico. Attualmente la serie è composta di sette arazzi, ma in origine i panni erano in numero superiore, erano regolarmente usati per la decorazione del Duomo durante le solennità maggiori e costituiscono una rara documentazione della produzione di Bruxelles negli anni precedenti al 1520, quando le manifatture della città avevano assunto un ruolo egemone per la qualità degli arazzi, ormai ricercati dai monarchi di tutta Europa. Pezzi unici intrecciati con lana e seta, gli arazzi della serie blu sono testimonianze delle qualità tecniche e delle peculiarità figurative della manifattura fiamminga e costituiscono un patrimonio di inestimabile valore, essendo tra i più preziosi manufatti del patrimonio di arazzeria in Italia, secondi solo a quelli del Quirinale e del museo del Duomo di Trento.
Davide Zardo