“Armadio dei poveri”: un’istituzione della Caritas che anche a Vigevano da anni si occupa di rifornire i bisognosi di vestiti. «Per effetto del nostro stile di vita che consuma velocemente mode e gusti – spiega don Moreno Locatelli, direttore della Caritas di Vigevano – la quantità di abiti usati prodotta da noi cittadini è cresciuta negli ultimi decenni in maniera esponenziale. Se, ad esempio, volessimo smaltire in un unico posto gli abiti raccolti nei cassonetti della Caritas Ambrosiana durante gli ultimi 20 anni, dovremmo costruire una discarica grande quanto lo stadio di San Siro e alta come il Pirellone e la torre di Unicredit messe una sopra l’altra. Se poi volessimo disfarci di quelli raccolti anche dagli altri operatori, di mega discariche ne dovremmo costruire molte di più. Già nel 1998 Caritas Ambrosiana si è chiesta cosa fare di questa montagna fatta di abiti usati. Le parrocchie non riuscivano più a distribuire direttamente ai poveri gli abiti che venivano donati, perché la quantità era molto superiore alla domanda».
VESTITI DA SMALTIRE Per dare un’idea nelle sole diocesi di Milano e Brescia, dove vivono circa 6 milioni e mezzo di cittadini, vengono raccolti 30 milioni di capi all’anno, molti di più dunque di quanti ne potrebbero indossare i poveri. «Una necessità – spiega il volontario della Caritas diocesana Gianluca Delfrate – effettivamente meno pregnante rispetto a quella alimentare, ma comunque presente e che cerchiamo di soddisfare. I canali di distribuzione sono tre: il primo consiste nel recuperare gli indumenti in condizioni migliori da parte dei volontari che hanno una lista dei bisogni degli utenti. Il secondo è rappresentato dai bidoni gialli della Caritas, il cui contenuto viene indirizzato ai Paesi in via di sviluppo».
Il terzo si basa su contributi economici da parte di fornitori che raccolgono gli abiti e li pagano a peso, nell’ambito di un progetto che raccoglie vestiti usati in area lombarda per finanziare delle comunità o delle cooperative.
IL CENTRO D’ASCOLTO Come funziona il primo canale? «Chi ha bisogno di indumenti si rivolge al centro d’ascolto, il quale sottopone all’utente una lista in cui scegliere i vestiti che servono al nucleo familiare. Anzi, due liste: una estiva e una invernale. Le volontarie ritirano la lista compilata, preparano le borse rifornendosi dal cosiddetto “armadio dei poveri” e telefonano alla persona in questione per dirle quando potrà passare a ritirarle al magazzino di Battù». Quanti sono gli utenti che si rivolgono a questo servizio? «Sono alcuni di quelli che già seguiamo per il centro d’ascolto: su 700, circa il 20%, ma non sono dati monitorati: diciamo che non c’è una richiesta costante, si va a seconda dei periodi o delle cosiddette ondate, ma possiamo dire che c’è meno richiesta rispetto ai generi alimentari. Va sottolineato il lavoro delle sette volontarie Caritas e di alcuni appartenenti a comunità che svolgono un silenzioso lavoro di rammendo di alcuni capi».
Davide Zardo