Il Vescovo: «La colpa, il perdono, la pena: un cammino di verità e rinascita»

Continua la riflessione sul percorso giubilare proposto dal vescovo di Vigevano, monsignor Maurizio Gervasoni, che entra nel cuore dell’esperienza giubilare cristiana. Al centro della proposta, tre dimensioni fondamentali dell’esistenza umana segnate dalla colpa, dal perdono e dalla pena, tenute insieme da un atteggiamento che si può chiamare con due parole-chiave: pentimento e penitenza.

LA COLPA Nel parlare di colpa, il Vescovo prende le distanze da alcune interpretazioni riduttive. Non si tratta semplicemente di un guasto da riparare o di una malattia da curare. Troppo spesso la colpa viene trattata come un malfunzionamento del comportamento umano che, una volta individuato, può essere corretto con una sorta di “terapia morale”. Oppure viene sentita solo come un peso psicologico, un senso di colpa che opprime chi ha sbagliato. Ma la colpa, secondo questa riflessione, tocca una dimensione ben più profonda: quella del desiderio umano orientato al bene, che viene ferito e inibito dall’esperienza del male compiuto. Il colpevole non solo si accorge di aver fatto il male, ma si ritrova ferito nella propria capacità di desiderare il bene, e inizia a temere perfino il desiderio stesso. Il perdono, allora, appare come una riaccensione del desiderio, ma in una forma purificata dalla memoria del male.

ORIENTARSI Colpa significa anche contraddizione radicale con la libertà dell’uomo, che non è libertà di fare tutto, ma libertà orientata al bene, come insegnava Sant’Agostino. Quando si compie il male, si distrugge l’orientamento buono della volontà e si genera un agire distruttivo che non trasforma il mondo in meglio, ma lo danneggia. Il male fatto resta nella realtà, e chi l’ha fatto deve riconoscerlo: non è più correggibile, né si può rimediare con spiegazioni o giustificazioni.

IO FERITO Da questa consapevolezza scaturiscono due osservazioni importanti. La prima: la colpa è qualcosa che non doveva esserci, eppure c’è, perché l’uomo l’ha voluta con un atto libero, benché assurdo. Non si tratta semplicemente di una caduta legata alla fragilità umana, ma di un’azione distruttiva compiuta in piena responsabilità. La colpa non perfeziona l’uomo, lo compromette. La seconda: la percezione della colpa diventa un giudizio interiore destabilizzante, che mina la fiducia in sé stessi. L’io, ferito, fatica a esporsi nuovamente nel decidere.

don Carlo Cattaneo

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