“Padre nostro“, uno stile di vita

Ultimo passaggio della riflessione del Vescovo per accompagnare l’anno giubilare della diocesi: un invito a riscoprire il cuore del Vangelo, dove preghiera e perdono si intrecciano in modo indissolubile.

NON UNA FORMULA  Il Vescovo sottolinea come Gesù, insegnando il “Padre nostro”, non proponga semplicemente formule da ripetere, ma un vero stile di vita. La preghiera cristiana non è una serie di parole vuote, ma nasce da un cuore che si apre a Dio e, proprio per questo, diventa capace di perdonare. Non si può pregare il Padre senza riconoscersi figli che, a loro volta, sanno perdonare i fratelli. Nei Vangeli questo legame è fortissimo: la parabola del servo spietato, l’invito a perdonare “fino a settanta volte sette”, il richiamo di Gesù ai padri che danno cose buone ai figli indicano chiaramente che chi chiede a Dio il perdono deve essere pronto a donarlo a sua volta. Pregare il Padre significa lasciarsi trasformare dal suo amore per vivere in comunione con gli altri. Il Vescovo ricorda che la preghiera cristiana è sempre trinitaria: tutto parte dal Padre, attraverso il Figlio, nello Spirito Santo. Quando recitiamo il “Padre nostro” chiediamo il pane, la liberazione dal male, il perdono dei peccati, ma soprattutto entriamo nella logica di Dio, nella sua misericordia che ricrea e rinnova la vita. Il perdono però non è frutto della nostra bravura, non è uno sforzo umano per dimostrare bontà: è dono di Dio che ci rende capaci di imitare il suo amore.

LA MISERICORDIA Chi perdona non lo fa per orgoglio o forza di volontà, ma perché ha incontrato la misericordia del Padre e lascia che essa operi nel proprio cuore. Così nasce la comunione tra le persone, che il Vangelo chiama “comunione dei santi”: non un’unione perfetta perché senza peccato, ma perché fondata sulla misericordia di Dio che perdona e unisce. Il Vescovo sottolinea che il Giubileo è un tempo di grazia proprio per riscoprire questo stile di vita. Non si tratta solo di ottenere l’indulgenza plenaria, ma di vivere un cammino di fede e di riconciliazione, personale e comunitario. Le celebrazioni, la preghiera, la confessione, tutto serve ad alimentare una coscienza nuova, umile e riconoscente. Chi sperimenta il perdono di Dio non dimentica la propria fragilità, ma la vive come occasione per fidarsi sempre più del suo amore. La libertà umana, ferita dal peccato, trova nella misericordia divina una possibilità di rinascita e di comunione vera. Il perdono non è solo una questione morale o di buone maniere: è un atto spirituale, un incontro con Dio che libera e rinnova. Nel cuore del Giubileo, questa esperienza diventa il segno concreto dell’amore di Cristo che vince il male e unisce i cuori, alimentando la fede e sostenendo la speranza di una Chiesa che vive e testimonia la misericordia.

don Carlo Cattaneo

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