Il Messaggio di Pasqua: «Venti di guerra sempre più vicini»

La Pasqua di quest’anno pare segnata, più che nel recente passato, da venti di guerra sempre più vicini e sempre più minacciosi. Il recente attacco terroristico a Mosca ha suscitato gravi timori di ulteriore inasprimento della guerra in Ucraina, ma ha anche mostrato quello che comunque continua a covare nel cuore degli uomini sulla Terra, ossia il facile ricorso alla violenza per cambiare le regole di convivenza delle persone.

Questo ricorso alla violenza si nasconde sempre dietro a motivazioni che rinviano alla giustizia e portano a demonizzare l’avversario, che appare così malvagio da non potere essere vinto se non con la sua soppressione. Si vede questo soprattutto nella guerra in Palestina, dove chi non è coinvolto direttamente fatica a capire le relazioni di adeguatezza delle scelte militari poste in atto. Si tende sempre più al rialzo, per giungere alla opzione finale, ossia l’annientamento del nemico, perché è comunque un demonio. E il demonio non è convertibile. Lo stesso Vangelo dice che il demonio va vinto da colui che è più forte di lui.

Ma il più forte del demonio è solo il Signore. Ed egli lo scaccia in modo non cruento per gli uomini. Lo vince con la preghiera e il digiuno, ma certamente non fa pagare agli altri lo scontro con lui. Noi, da lontano, vediamo solo i morti, la distruzione, la sofferenza la fame, il pianto e la disperazione, che finiscono di alimentare la vendetta.
Con queste immagini di desolazione nel cuore non è senza saggezza la contemplazione della pietà. Quando la scena si sofferma sul dopo la violenta distruzione e lo scempio della morte, allora appare il silenzio. Il dramma delle armi si ferma e resta il campo di battaglia con i morti e i feriti.

Solo allora ridiventano protagonisti gli affetti silenziosi e potenti. La madre apre le braccia ad accogliere il figlio morto. Resta solo il pianto e il dolore senza voce, più forte dello stesso grido.

A che cosa porta l’uso della violenza per regolare buone relazioni tra gli uomini? Vale la pena invocare una giustizia che annienta le persone e che non chiede lo sguardo sapiente della conversione? Perché non ricordare la dolcezza del Natale che accoglie, si prende cura e depone il bimbo nella mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo?

Un canto nel film di Zeffirelli su San Francesco dice che “le cose semplici, sono le più belle. Sono quelle che, alla fine, sono le più grandi”. Lo sono per il cuore pieno d’amore e di volontà di servizio, di incoraggiamento e di dedizione forte e silenziosa al bene. Ma sono le sole a costruire una vita buona.

A Maria sul Calvario è stata tolta anche la mangiatoia. Resta solo la tomba nuova, mai usata, gentilmente messa a disposizione, per comporre, in fretta, il corpo di Gesù morto. Neppure i riti di sepoltura gli possono essere dedicati. Lo si farà nel giorno dopo il sabato, perché nel sabato, come tante volte nella vita di Gesù, non si può lavorare. Ma fare il bene si può e si deve. Finalmente Gesù sperimenterà su di sé la forza del Regno di Dio che, in giorno di sabato libera dal male. E lascerà vuota per sempre la tomba, per sedere alla destra del Padre. Perché la Pasqua è opera di Dio, non dell’uomo. Buona Pasqua.

+ Maurizio

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