Il racconto di questa domenica Giovanni presenta Gesù sulla riva di Tiberiade, circondato da tantissime persone accorse perché stupite dai segni che Egli compie. Gesù prende l’iniziativa, dando da mangiare alla folla con il gesto miracoloso della moltiplicazione dei pani e dei pesci, mettendosi lui stesso a servizio della folla.
Colpisce nella narrazione evangelica come emerge una caratteristica “tipica” del Signore: quando interviene nella vita dell’uomo non si dimostra mai parco, moderato, ma assolutamente generoso e sovrabbondate. A Gesù vengono consegnati cinque pani d’orzo e due pesci, una miseria in proporzione alle cinquemila persone radunate intorno al Maestro, ma sufficiente per compiere il segno prodigioso della moltiplicazione.
Colpisce anche un dettaglio importante: quello che umanamente sembra poco per la moltitudine di persone presenti, per quel ragazzo i cinque pani e due pesci era tutto ciò che aveva con sé. Dio sorprende sempre quando prende quello che le logiche umane fanno pensare come di poco valore, non importante e le utilizza per compiere azioni di grazia.
È l’atteggiamento di un Dio che ama le sue creature e realizza grandi cose attraverso le persone semplici, che danno tutto loro stessi ma che agli occhi degli uomini del mondo non interessanti né degni di attenzione.
Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci è anche una risposta alle obiezioni degli apostoli Andrea e Filippo, circa la scarsità di soldi e di cibo per sfamare la folla. E la risposta è un amore sovrabbondante che nasce da un gesto semplice ma di condivisione, una grazia sovrabbondante, sproporzionata: prova è la quantità di cibo avanzato e raccolto dai discepoli. Le obiezioni dei discepoli sono reazioni tipicamente umane, di una fede che a volte è incapace a vedere al di là della realtà tangibile e rimane sbigottita e stupita davanti alla stupefacente grazia di Dio.
Infine, colpisce l’atteggiamento finale di Gesù, narrato nel brano evangelico: lui compie il gesto prodigioso, simile agli eventi miracolosi di Dio per il popolo d’Israele, narrati nell’Esodo. La folla lo acclama come profeta e lo vuole incoronare re: lo vogliono per una necessità politica e per la sopravvivenza fisica – chi non vorrebbe come re uno che sfama la folla e guarisce gli infermi?! -, ma Gesù si divincola da questa richiesta e si ritira da solo sul monte. Il Signore compie segni prodigiosi per proclamare l’opera di salvezza che si sta realizzando, non per diventare il “risolutore” di tutte le cose che non vanno.
Forse tante volte si rischia di confondere la nostra fede come ricerca di Colui che sistema le difficoltà della nostra vita: ma il Signore non è il mago, ma il Salvatore che ci dona qualcosa di più grande che dei pani e dei pesci, ci dona la sua stessa vita e ci promette la salvezza. Cosa vogliamo di più?
don Paolo Butta