Papa Francesco ci ha lasciati, colpendoci di sorpresa, come di sorpresa si rivolse a Roma e al mondo con quel famoso «Buona sera!» di dodici anni fa. Di mattina presto se ne è andato, in casa e, sembra, in pochi istanti. Insomma in modo frugale, quasi senza disturbare e con serenità.
Da quel momento si è mosso il mondo con sentimenti ed emozioni diverse, tutte attorno a lui, che da allora, invece, tace. E’ il lunedì dell’angelo, come per le donne che vanno al sepolcro e, trovati gli angeli, tornano dai discepoli, che magari ancora dormono: Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro:
Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno.
Anche allora si mosse il mondo per negare l’evento della risurrezione e per inventare la storia del sonno delle guardie. In questo modo tutto torna alla normalità e Gesù viene dimenticato.
Tuttavia per noi nel mistero della Pasqua, ossia animati dalla fede, il tornare alla normalità non significa propriamente dimenticare o ignorare. Per chi crede significa andare in Galilea per vedere il Signore risorto. Giovanni direbbe per conoscerlo.
Sembra che papa Francesco abbia voluto morire così per riassumere in questo modo uno dei tratti più belli e forti della sua testimonianza di fede. Nella normalità della vita, fatta di dolore, di odio, di indifferenza, di fatica e di sogni, di illusioni e di speranze, egli ha voluto trovare il motivo profondo di una gioia vera e duratura, che desse speranza e indirizzo di cammino per ciascuno e per tutti. E questo motivo è la fede nel Signore Gesù che dalla Galilea è giunto a Gerusalemme per compiere la volontà del Padre donando una vita di speranza e di amore perché tutti vivano bene.
Che questa fede non si tratti di ingenuità o di inganno è constatabile appunto dalla gioia. Meglio andrebbe detto dalla beatitudine, perché si tratta di una felicità profonda che emerge da tanto dolore. Essa si radica nel profondo del cuore, al punto da dare certezza intima che il bene vince sempre, magari proprio quando sembra che chieda tanto dolore e tanta fatica.
E’ una gioia che scaturisce da dentro e si convince nel vedere i frutti di bene che accompagnano una vita vissuta così, soprattutto i frutti di vedere persone rincuorate e rasserenate e di consolidare in modo grato il convincimento di essere sulla strada giusta, non perché tutto va come vogliamo noi, ma perché così sembra che voglia il Signore. E, se lo vuole il Signore, i frutti arriveranno.
In termini evangelici verrebbe da dire che fare la volontà del Padre è proprio generativo di bene per gli uomini, sia livello individuale, sia a livello comunitario.
In questo modo si possono rileggere i grandi documenti di papa Francesco che si legano per lo sfondo di rinvio alla gioia. Evangelii Gaudium, Amoris Laetitia, Laudato si’, Fratelli Tutti, Dilexit nos, Desiderio Desideravi, Gaudete et Exsultate, Christus Vivit… sono i motti di questi documenti e invitano subito a rilevare che in Cristo e solo in lui l’uomo trova gioia e felicità.
Questo rinvio a Cristo permette di sgomberare il dubbio che il buon risultato possa essere attribuito alle capacità dell’uomo. L’uomo, nella visione di papa Francesco, di suo, porta solo male e problemi, perché chiuso nel suo egoismo e nella sua noia. Con umiltà e verità egli, però, può accedere alla gioia quando si fa “complice” del cammino di Gesù in un atteggiamento di apertura, di generosità, di fiducia, di coraggio e di accoglienza. Il criterio per capire se ci si muove nell’atteggiamento giusto è quello del tutti insieme, a partire dai più poveri, perché solo così l’uomo non si inganna nel volere il bene. Perché solo così il fondamento è la misericordia.
In fondo, le ultime immagini di papa Francesco sembrano confermare questa sensazione. Il periodo della malattia non deve essere stato proprio piacevole. Il dolore ha accompagnato pesantemente il periodo della cura. Eppure, le ultime visite ai fedeli del papa in carrozzina, evidentemente sofferente e in difficoltà, ma sereno e desideroso di portare un sorriso, hanno suscitato sorpresa, ma anche simpatia e gioia intima.
Questo è stato il vero testamento che papa Francesco ci ha dato, scritto sul suo corpo, sul suo volto e sulla sua decisa volontà di fare ciò che il Signore vuole perché il mondo trovi speranza e pace. Ma, appunto questa, è la Chiesa di fratelli tutti.
+ Maurizio