Ceto medio / La coesione di una comunità parte da stipendi equi

«A questo corrisponde una struttura di categorie salariali che vede, nei cosiddetti piani alti dell’occupazione, lavoro prestigioso, appagante, ben remunerato e, nei cosiddetti piani bassi, forme di precarietà non desiderate, subite, talvolta oltre il limite dello sfruttamento». Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha scelto la cerimonia di consegna delle stelle al Merito del lavoro, venerdì scorso, per tornare a parlare di salario dignitoso, qualcosa che in Italia oggi non esiste per tutti i lavoratori: «È un tema che la Banca Centrale Europea segnala anche per l’Italia: alla robusta crescita dell’economia che ha fatto seguito al Covid, non è corrisposta la difesa e l’incremento dei salari reali, mentre risultati positivi sono stati conseguiti dagli azionisti e robusti premi hanno riguardato taluni fra i dirigenti». Un sistema salariale iniquo, per il presidente Mattarella, ha conseguenze nefaste sulla stabilità della comunità nazionale, tanto che «sembra, talvolta, che non ci si renda appieno conto degli effetti negativi che possono derivarne nel tempo sulla serenità della vita sociale». Ma quando uno stipendio è adeguato? Lo spiega l’articolo 36 della Costituzione, secondo cui deve essere

una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

Papa Leone XIV, Robert Francis Prevost
Papa Leone XIV,
Robert Francis Prevost

TANTE POVERTÀ La riflessione segue quella dello stesso presidente della Repubblica in occasione dell’incontro con papa Leone XIV presso il Quirinale, avvenuto il 14 ottobre. Interloquendo col Papa Mattarella ne ha richiamato l’esortazione apostolica “Dilexi te”: «Non vogliamo arrenderci alla prospettiva di una società dominata da oligarchi o, meglio, da privilegiati, in base al censo, alla spregiudicatezza, all’indifferenza verso gli altri, che si profila rimuovendo i valori di uguaglianza, di solidarietà, di libertà». Parole pronunciate lo stesso giorno in cui l’Istat, nel suo “Rapporto sulla povertà”, ha evidenziato come questa sia rimasta stabile nel corso del 2024 e riguardi 2.2 milioni di famiglie e 5.7 milioni di persone, il 9.8% dei residenti e in particolare 1.28 milioni di minorenni, mentre la povertà relativa è al 10.9%.

TI HO AMATO L’esortazione data da Leone XIV e composta a quattro mani con papa Francesco, che l’aveva iniziata negli ultimi mesi del suo pontificato, guarda agli ultimi – in Italia e in ogni luogo del mondo – per ricordare l’opzione preferenziale della Chiesa per i poveri. Per avverarla il testo richiama la necessità anzitutto di uno scatto culturale, nel rifiutare il paradigma dell’epoca attuale: «Ci sono regole economiche che sono risultate efficaci per la crescita, ma non altrettanto per lo sviluppo umano integrale». Lo scarto è necessario perché «i poveri non ci sono per caso o per un cieco e amaro destino. Tanto meno la povertà, per la maggior parte di costoro, è una scelta. Eppure, c’è ancora qualcuno che osa affermarlo». Dunque occorre rifiutare

quella falsa visione della meritocrazia dove sembra che abbiano meriti solo quelli che hanno avuto successo nella vita.

DIAFRAMMI È evidente la sintonia del testo di Leone XIV con i discorsi del presidente Mattarella, entrambi invitano ad agire per rimuovere le cause di questa povertà, un’azione prettamente politica. Entrambi non esitano a individuare chi hanno in mente quando pensano all’esclusione economica e sociale, per Mattarella «si creano diaframmi tra categorie, tra generazioni, tra lavoratori e lavoratrici, tra italiani e stranieri, tra territori, tra chi fa uso di tecnologie avanzate e chi non è in condizione di farlo», per l’esortazione «“per persone povere s’intendono: i singoli individui, le famiglie e i gruppi di persone le cui risorse (materiali, culturali e sociali) sono così scarse da escluderli dal tenore di vita minimo accettabile nello Stato membro in cui vivono”. Ma se riconosciamo che tutti gli esseri umani hanno la stessa dignità, indipendentemente dal luogo di nascita, non si devono ignorare le grandi differenze che esistono tra i Paesi e le regioni». Il presidente della Repubblica ha indicato nel salario la prima leva da azionare, includendo nella sua sfera d’attenzione anche i “working poors” e più in generale quella classe media che povera non è, ma che vive il peso dell’iniquità: «Sono le entrate fiscali dei dipendenti pubblici e privati, dei pensionati, a fornire allo Stato, attraverso le imposte, il maggior volume di risorse». Una questione «che non può essere elusa perché riguarda in particolare il futuro dei nostri giovani, troppi dei quali sono spinti all’emigrazione».

Giuseppe Del Signore

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