Disuguaglianza / I segreti dell’iniquità

La società di oggi è tutt’altro che liquida: ci sono strutture che rimangono costanti e che tramandano antiche disuguaglianze attraverso le generazioni.

GIÀ A SCUOLA Non è una tesi astratta, ma quanto fotografato dal volume “La forza del destino. Origine sociale e opportunità di vita nell’Italia contemporanea”, che mette in luce – dati alla mano – come le condizioni in cui si nasce accompagnino gli individui lungo tutto l’arco della vita, influenzando istruzione, lavoro, tempi di autonomia, scelte familiari e perfino salute e benessere. Una situazione sostanzialmente invariata dal Dopoguerra a oggi, come rileva anche Mario Lucchini, sociologo e docente dell’Università Bicocca di Milano nonché tra gli autori del libro: «Tendenzialmente non cambia nulla. Ci sono sì delle attenuazioni in alcune dinamiche, ma siamo ben lungi dal risolverne le cause». Alcune dinamiche sono variate nel corso degli anni: ad esempio oggi è aumentata la disuguaglianza nell’accesso ai nidi, mentre si è azzerata quella per l’accesso alla scuola primaria (ora obbligatorio); c’è un’attenuazione di persone che non prendono il diploma e oggi le donne studiano di più, quindi il trend sul loro accesso all’istruzione è ribaltato. Ma ciò che caratterizza principalmente la disuguagliaza resta sempre l’origine famigliare, la “classe sociale”: «Quando l’accesso a un determinato livello si fa più facile, la disuguaglianza si trasforma: e ad esempio, nell’accesso alla scuola superiore, oggi più diffuso, condiziona invece la scelta degli indirizzi». Con i licei appannaggio dei benestanti e scuole professionali delle famiglie meno abbienti.

TRAPPOLA FLESSIBILE Sul lavoro le disuguaglianze assumono altre forme. «L’ingresso nel mercato è diventato più tardivo per tutti, complice l’allungamento dei percorsi di studio, ma la lentezza non pesa allo stesso modo – spiega Lucchini – i figli delle famiglie agiate rimandano l’ingresso perché possono permetterselo; quelli delle famiglie povere perché faticano a entrarvi. La ricerca mostra che chi nasce in alto entra più tardi ma trova lavoro prima, mentre chi nasce in basso entra prima ma resta più a lungo in attesa del primo impiego. Per molte donne provenienti da famiglie svantaggiate, la transizione al primo lavoro avviene con notevole ritardo, o talvolta non si realizza affatto. La flessibilità del lavoro, spesso presentata come un’opportunità, si rivela così un’arma a doppio taglio: un percorso di crescita per i privilegiati e una trappola di precarietà per i meno abbienti». E La durata della disoccupazione segue lo stesso schema: le famiglie benestanti offrono reti, contatti e capitale sociale che accelerano l’ingresso nel mercato, mentre per gli altri la ricerca del primo impiego si allunga.

MERITOCRAZIA ASSENTE A distanza di generazioni, l’origine sociale continua quindi a plasmare i destini individuali? La risposta che si dà Lucchini, pur con tutte le sfumature della complessità, è chiara: «Sì, e molto più di quanto crediamo. Tuttavia, non tutto è immobile. Le disuguaglianze si trasformano: diminuiscono, fino quasi ad azzerarsi, nell’istruzione di base; si attenuano nel diploma; si ricompongono altrove, nella scelta degli indirizzi scolastici, nel lavoro e nella qualità delle carriere; e si irrigidiscono nell’accesso al nido o ai livelli più alti di istruzione, come nel segmento post laurea. Il destino non è scritto, ma il punto di partenza continua a orientare con forza il punto di arrivo». Con una chiosa amara: «La promessa di un’Italia davvero meritocratica resta ancora, in larga parte, un orizzonte da costruire».

Alessio Facciolo

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