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Gioco: vincere o perdere? «Quello che è in gioco è sempre l’amore, è sempre la relazione – dice la psicologa e psicoterapeuta Antonella Motta – Posso sostenere che dal Covid, la situazione sociale, culturale, economica, psicologica di tutti noi, è peggiorata. In Lomellina abbiamo osservato un aumento del disagio esponenziale e sono più frequenti comportamenti auto ed eterodistruttivi manifestati attraverso sintomi diversi: uso di sostanze, ludopatia, dipendenze digitali, da cibo, aggressività».
NON GIOCO Il gioco d’azzardo sta ricevendo molta attenzione, «soprattutto i giovani sono i migliori clienti – continua la psicoterapeuta – Pensiamo a quei ragazzini ricchi che si giocano migliaia di euro nelle scommesse. La ludopatia, come forma di dipendenza, è l’espressione di una fatica a esistere che si sviluppa all’interno dei nostri rapporti fondamentali. Abbiamo imparato a giocare fin da piccoli. I bambini amano il gioco. Attraverso il gioco apprendono le regole, i confini dello stare insieme e dell’autoregolarsi». Nel giocatore d’azzardo
«la passione per il gioco diventa patologica, perché il desiderio di giocare perde le caratteristiche del piacere, perde il gusto della sfida. Normalmente, gioco per divertirmi con gli altri, a volte perdo, a volte vinco, ma il gusto sta nella relazione che costruisco mentre gioco»
DA SOLO Nella ludopatia l’aspetto relazionale viene meno. «L’altro non esiste più, esistiamo io e un oggetto: una slot, una roulette, un mazzo di carte. La persona non vuole più giocare la sua differenza con l’altro. Non riesce a stare nella fatica dell’incertezza, nel non sapere tollerare un rifiuto al proprio bisogno». Allora cos’è la salute e come ritrovarla? «È la capacità di contrattare con gli altri i nostri bisogni, la strada per la guarigione è nel ricominciare a giocare la nostra partita, accettando l’altalena naturale della vita. Vincere e perdere sono solo punti di vista».
Isabella Giardini