Home Primopiano Salute Il Beato Matteo cambia “squadra”, Gallotti: «Personale deve riposare»

Il Beato Matteo cambia “squadra”, Gallotti: «Personale deve riposare»

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L'ingresso dell'Istituto Beato Matteo

«Restate a casa. È necessario proseguire in questo modo». Pietro Gallotti, direttore generale dell’Istituto clinico Beato Matteo è perentorio, non è il momento di allentare le maglie, lo sforzo per il personale sanitario è talmente gravoso che ha dovuto individuare una nuova squadra per la gestione dell’epidemia, così da consentire a chi è in servizio di recuperare le energie. «Sono d’accordo – continua – con quanto sottolineato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, non bisogna abbassare la guardia, soprattutto ora». Gallotti sottolinea che «alla clinica Beato Matteo ci sono 2, 3 ricoveri per Covid tutti i giorni, sono 60 i ricoverati totali, compresi coloro che sono nel reparto di riabilitativo, 4 sono in terapia intensiva. Ma se il numero di accessi alla clinica per Covid è diminuito non significa che il coronavirus non c’è più, anzi». Il direttore generale racconta anche l’impatto dell’epidemia sul personale sanitario. «Ho sempre avuto e ho tuttora un’equipe di chirurghi, medici, infermieri, anestesisti meravigliosa. Tutti hanno dimostrato grandi capacita professionali e umane, hanno “accantonato” affetti e luoghi per proteggere loro stessi e soprattutto le loro famiglie senza mai avere un momento di ripensamento, ma l’esperienza con il Covid è stata per tutti noi nuova e devastante».

Medici

FACCIA A FACCIA Il Sars-CoV-2 ha portato i professionisti della salute a fronteggiare la morte in maniera costante, senza soste e senza poter recuperare le energie fisiche e mentali che una sfida impari come questa sottrae.

Chi fa il nostro lavoro deve considerare di assistere a dei decessi, ma nessuno di era pronto a quello che l’emergenza ci ha fatto conoscere: prender parte alla morte di parecchie persone, ogni giorno, tutti i giorni, è terribile, può portate, come è accaduto ad alcuni dei nostri medici, a non poterne più

Si chiama “burn out” e si tratta dell’affaticamento mentale, emotivo, fisico vissuto soprattutto da coloro che fanno lavori che li portano a stretto contatto con il dolore, con la sofferenza estrema, e determina un patimento che non permette più ai professionisti del settore sanitario di lavorare serenamente.

Pietro Gallotti (Icbm)

NUOVA EQUIPE «Mi sono trovato nelle condizioni di dover cambiare squadra – prosegue Gallotti – da lunedì si prenderanno cura dei Covid chirurghi urologi, ortopedici adeguatamente preparati. Il personale che ha manifestato sofferenze a vari livelli ora necessita di riposo per poter recuperare». L’Istituto ha informato l’Asst di quanto sta accadendo e delle decisioni prese. «Voglio ricordare che l’attività della Clinica non si concentra solo con i malati di Covid – prosegue Gallotti – e noi continuiamo a prenderci cura di tutti: ci sono le neoplasie, i diabetici, vari interventi di chirurgia, e tutto questo viene garantito ogni giorno». Il lavoro continua senza sosta. Ma per evitare di tornare indietro occorre restare a casa.

So bene che non è semplice, soprattutto adesso, con la bella stagione alle porte, ma è indispensabile

Isabella Giardini

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