Povertà raddoppiata e un terzo settore che fa fatica a reggere. Il convegno “Contrastare la povertà: nuove sfide per i servizi territoriali” di venerdì 7 giugno, svoltosi nella sala consiliare del comune di Vigevano ha sottolineato con fermezza lo stato delle cose, decisamente preoccupante, che si sta vivendo a livello sociale, territoriale.
PIU’ POVERI Organizzato dalla cooperativa “Il Melograno”, dall’ambito distrettuale della Lomellina assieme all’assessorato ai Servizi Sociali del comune di Vigevano, il convegno mirava a fotografare quanto svolto dai servizi territoriali. «L’ultimo rapporto Istat evidenzia che la percentuale di coloro che vivono in povertà assoluta è raddoppiata – ha detto Valerio Iacoboni, coordinatore della operativa Il Melograno – anche le famiglie che lavorano finiscono in povertà». Cosa è accaduto? «L’aver dimezzato il tempo nel quale si può percepire il reddito di cittadinanza, da dieci anni, a cinque anni, ha sicuramente inciso – ha detto – occorre spostare tutto sul versante “risorse” e possibilità». L’assessore ai servizi sociali Marzia Segù ha sottolineato come
la povertà, con tutte le sfaccettature che veicola è uno dei grandi problemi che l’assessorato che guido, conosce ogni giorno. Sarà mia cura, visto lo stato di cose, predisporre piani, progetti adeguati a livello locale e non solo, per cercare di smuovere una situazione che sta diventando sempre più preoccupante.
SEGNALI «Quello che vediamo è il segnale che ci manda un paese che è incapace di rispondere alle situazioni che la realtà palesa – ha detto Luca Salmieri, PhD in Storia moderna e docente in Sociologia alla Sapienza – i minori che crescono in povertà possono essere adulti in povertà. Le famiglie hanno paura che il titolo di studio non si traduca in un lavoro sicuro, il tasso di occupazione femminile è uno degli ultimi in Europa: le donne spesso stanno a casa anche perché devono occuparsi dei genitori che non possono permettersi di collocare in casa di riposo: questo punta il dito sul fatto che il terzo settore non ce la fa a reggere. La povertà è diventata, poco alla volta, una situazione di cui sentirsi colpevoli». La pandemia da Covid-19 ha messo in luce le profonde crepe nei sistemi di supporto sociale e sanitario nel nostro Paese, evidenziando «la necessità di un approccio integrato e coordinato per affrontare le sfide emergenti e in un contesto in cui la fragilità economica e sociale aumenta esponenzialmente portando con sé la necessità di risposte efficaci e tempesti» hanno sottolineato i relatori.
IN LOMELLINA Lavorare con le persone in condizione di povertà in Lomellina è invece l’esperienza riportata da Silvia Bagna, psicologa, Sonia De Michelis assistente sociale e Stefania Milanello, educatrice. «Arrivano al colloquio con uno stato di ansia importante, fortemente preoccupati per lo stato nel quale vivono, in alcuni casi, da dieci anni, non hanno il curriculum aggiornato, sanno poco della ricerca di lavoro digitale: tutto questo li emargina e silenzia il loro bisogno». Cosa fare? «Lavorare sulle buone pratiche a livello di ambito – hanno detto in coro – occorre creare reti, il più possibile, e mettere queste ultime a sistema: ci sono molti poveri non intercettati che vivono situazioni di povertà estrema che porta al totale isolamento».
Isabella Giardini