La testimonianza di una mamma con un figlio che ha la sindrome di Down
Sport e “vera” inclusione
Alla manifestazione Sport Exhibition, svoltasi nei giorni scorsi a Vigevano nella cornice del Castello Sforzesco, ha preso la parola — idealmente, ma con forza — una madre che ha il figlio con sindrome di Down. Una testimonianza lucida, appassionata e concreta, che merita di diventare un appello pubblico. È arrivata in redazione attraverso una lettera aperta, da cui abbiamo tratto un articolo, evidenziando i passaggi più significativi del suo intervento.
ALCUNI DUBBI La donna aveva deciso di partecipare «informata sulla presenza di esperti relatori appartenenti alla Fisdir, Special Olympics, sia locali che nazionali». E le sue aspettative non sono state deluse. Il consigliere federale Lorenzo Franza ha offerto «un’analisi accurata su argomenti più che mai attuali», sollevando una questione tanto semplice quanto dirompente: «È impossibile la partecipazione di ragazzi con deficit intellettivo comportamentale alle gare FINP, cioè quelle riservate a disabili fisici. Perché?».
PROF PER L’INCLUSIONE Il problema, ha denunciato, non si limita alle categorie sportive: «Manca lo spazio acqua per gli allenamenti, mancano allenatori esperti». A fargli eco, la rappresentante della Regione Lombardia, Elena Lizzio, che ha sottolineato l’urgenza di «preparare insegnanti all’inclusione».
Parole importanti, ma ancora più potente l’esempio concreto portato dai presenti. L’arrivo del tennista vigevanese Gabriele Vietti, campione mondiale, ha acceso la sala: «Il nostro Sinner vigevanese ha dato una sferzata di coraggio a tutti!»
POCHI IMPIANTI Non meno applaudita Raffaella Pollini, definita dalla mamma come «donna dalle mille risorse, capace di accogliere, domandare, e racchiudere tutto in sostantivi ricchi di valori». Ma per la madre, la riflessione non poteva esaurirsi negli applausi. Il nodo centrale è la realtà locale: «Senza alcuna nota polemica, mi sembra che la città abbia carenze di impianti sportivi». E la domanda è diretta: «Ben venga la formazione degli insegnanti, ma concretamente abbiamo palestre all’interno dei plessi scolastici?»
TALENTI SPECIALI Il riferimento va al liceo Cairoli, «da quel dì sprovvisto di palestra», e alle difficoltà che nessuno sembra considerare: «Qualcuno si è mai preoccupato di capire quanto tempo ci si impiega per vestire e svestire un ragazzo con problemi?» Nonostante le criticità, Vigevano — ricorda la donna con orgoglio — è terra di talenti: «Tra i ragazzi con difficoltà abbiamo veri campioni». Uno nuota «1500 metri in acque libere», un altro «ragazzo down è campione italiano nei 200 stile libero», senza dimenticare «Chiara Franza, campionessa mondiale nel dorso».
EMPATIA ESSENZIALE Ma il vero motore dell’inclusione è il rapporto umano: «Ci deve essere empatia tra atleta e allenatore». Un concetto che la mamma scolpisce con rigore etimologico: «Empatia deriva dal greco en-pathos, che significa letteralmente “sentire dentro”». E porta un esempio che vale più di mille teorie: l’allenatore Davide Balestrini, ingegnere informatico dell’Osha Como, «trasferito all’estero da anni, tutte le settimane in videochiamata contatta i suoi atleti». E loro? «Tutte le mattine gli mandano il messaggino del buongiorno». La conclusione non è uno slogan, ma una richiesta precisa: «Facciamo nostra l’inclusione, ma quella autentica!». Firmato: una mamma orgogliosa.
Massimo Sala