«Pronto, qui è il carcere», un call center per 18 detenuti

“In carcere non si finisce, si ricomincia”: questo il nome del progetto proposto dalle cooperative sociali Bee.4 e Divieto di Sosta.

PROGETTO Un percorso che ha consentito a 18 detenuti della casa di reclusione di Vigevano di iniziare a lavorare in un call center (posizionato all’interno del penitenziario) con regolare contratto. Dopo aver completato il percorso formativo, ora si occupano di assistenza clienti per conto di Eolo Spa, Dolomiti Energia, Sielte Spa e Team System, aziende che operano nelle telecomunicazioni che hanno deciso di sposare un progetto che ha preso il via dieci anni fa nel carcere di Bollate e che dodici mesi fa è stato introdotto nella struttura situata a Piccolini. «Abbiamo iniziato a lavorare a questo progetto un anno fa – ricorda Rosalia Marino, direttrice della casa di reclusione di Vigevano – perché non volevano arrenderci al fatto che il nostro dovesse essere un carcere privo di opportunità e di speranze. Eravamo stati in visita alla struttura di Bollate ed eravamo rimasti colpiti dall’impatto prodotto sulla vita dell’istituto dalle attività lavorative promosse da Bee.4 e altre menti. Ci siamo quindi posti l’obiettivo di portare questo modello a Vigevano». Assistenza alla clientela, acquisire competenze tecniche e informatiche, attraverso percorsi di formazione dalla durata di due mesi.

OPPORTUNITA’ DI RISCATTO Soprattutto vedere nell’attività da centralino una concreta opportunità di riscatto, anche da dentro una casa di reclusione. «Ho iniziato questo percorso perché intendo diventare una persona migliore – racconta Alessandro, uno dei detenuti coinvolti nel percorso da centralino – lo voglio fare per me e per i miei figli. Quello che faccio è vedere se i dati inseriti nei contratti che proponiamo ai clienti sono corretti. In caso di errori, è mia premura informare i clienti». I candidati hanno prima dovuto sottoporsi a selezioni accurate e solo in seguito i reclusi ritenuti idonei hanno potuto sottoporsi alla formazione. Ciascun carcerato che opera come centralinista dispone di un computer e di tutto l’occorrente per svolgere al meglio l’attività da call center. I 18 selezionati sembrano volersi impegnare a fondo, come si comprende dalle parole di Gabriele:

Si tratta del mio primo impiego lavorativo – ammette – ma sono contento e soddisfatto. Ringrazio tutto il personale per avermi fatto entrare e poi accompagnato durante questo percorso.

In un panorama caratterizzato da un crescente riconoscimento dell’importanza della riabilitazione e del reinserimento sociale, progetti come quello di Vigevano si pongono come esempi di come una visione rinnovata possa portare a significative trasformazioni.

RIEDUCAZIONE «Ci sentiamo investiti da una missione, offrendo a persone che vivono il carcere in contesti difficili come quello di Vigevano opportunità per ricominciare – dichiara Pino Cantatore, presidente di Bee.4 – dobbiamo un grande ringraziamento al coraggio delle imprese nostre partner che insieme a noi credono in un carcere diverso, che sa costruire qualcosa di buono per il presente e per il futuro delle persone che ospita». Dai primi 18 detenuti assunti l’obiettivo è salire a quota 25 entro la fine del 2025.

Edoardo Varese

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