Il lato umano del patriota Cairoli

La dimensione umana di un personaggio storico noto ai più per il suo impegno patriottico e politico. È quanto emerso dagli interventi di Giovanni Bocca, presidente dell’Associazione gropellese storia e cultura, e del socio Alberto Razzini, nella serata “Benedetto Cairoli: coraggio, amore e amicizia”, svoltasi sabato 24 gennaio nella sala Cantoni a Gropello in occasione del bicentenario della nascita del grande protagonista del Risorgimento.

RICERCHE I due appassionati di storia hanno svolto ricerche su una piccola parte dell’epistolario conservato nella biblioteca Bonetta di Pavia, in particolare sulla corrispondenza tra Benedetto e la madre, la contessa Adelaide Bono, a cui era legato da grande devozione. «Grazie anche alle lettere inviate al padre Carlo, che gli aveva trasmesso la fede liberale – ha spiegato Razzini – abbiamo potuto ricostruire il carattere dell’uomo, il coraggio giovanile in quel periodo particolare che fu il 1848, “primavera dei popoli” a partire da Palermo, dove gli animi si infiammavano. A Milano con Agostino De Pretis le barricate entusiasmano Benedetto, a Peschiera le pallottole tedesche che fischiano lo esaltano. E quando il padre muore, il giovane poco più che ventenne promette di prendersi cura della madre, diventando di fatto il capofamiglia». Un legame profondamente spirituale che, dopo la morte di Adelaide, Benedetto porterà avanti con la moglie, la contessa Elena Sizzo Noris: «Tu sei stata designata dalla mia santa mamma», le scriverà.

Sul letto di morte – racconta Alberto Razzini – la contessa aveva raccomandato al figlio di trovare presto una sposa per portare avanti la discendenza dei Cairoli. “Le tue righe sono un balsamo per il malanno morale”, le scriveva durante l’esilio in Svizzera. “Le tue lettere sono un balsamo che mi fa passare la malinconia”, scriverà alla moglie da Roma, mentre affronta le prime battaglie in Parlamento.

LE DONNE Figure importanti, quelle femminili, nonostante la Storia parli molto dei quattro fratelli di Benedetto morti in guerra, ma molto poco delle tre altrettanto sfortunate sorelle. «Rachele – ha raccontato Giovanni Bocca, aiutato nelle ricerche dalla sua professione di medico – muore dando alla luce il quarto figlio, Emilia probabilmente per le conseguenze di una malattia mentale, la piccola Carolina a soli sei anni». Dal dottor Bocca anche un’accurata ricostruzione del tipo di intervento chirurgico adoperato per estrarre le schegge di una palla di cannone che si erano conficcate in una gamba della giovane “camicia rossa”. «Garibaldi in persona lo va a visitare – ha spiegato Razzini – e lo tratta con lo stesso rispetto che aveva per il padre Carlo. Molte donne lo vanno a trovare nella residenza che era stata dei Borbone (“Qui sono trattato da principe”, scriverà, scherzando) attratte dalla sua prestanza fisica, ma lui pensa ad altro». Prima alla madre, poi alla moglie, poi all’Italia. «E poi – ha raccontato il dottor Bocca – ci sono gli amici. Francesco Cucchi, che lo aiuterà per snellire le pratiche del matrimonio e veglierà sulla sua salute; Enrico Magenta, che in Lomellina organizzerà grandi battute di caccia per farlo svagare dai suoi impegni nella capitale, con cani addestrati, fucili e cartucce provenienti da un’armeria milanese e munizioni anche “da bocca”: salamelle, cacciatorini e quant’altro». Dopo la sua morte i cittadini di Pavia (sua città natale, dove però non era prevista la sosta) costringono il treno che da Napoli trasporta la salma a fermarsi in città e organizzano una camera ardente in stazione, poi il corteo prosegue in carrozza fino a Gropello, dove ad ogni finestra c’è il tricolore. È mezzanotte passata, il paese è pieno di fiaccole: segno del grande affetto che i gropellesi avevano per il patriota Benedetto Cairoli, che qui verrà sepolto nella cappella-sacrario di famiglia.

Davide Zardo

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