Oltre 30 secoli di storia, raccolti in una collezione di reperti dissotterrati dal suolo della Lomellina. Sarà la più antica delle Scuderie del Castello Sforzesco di Vigevano a ospitare, dal 10 febbraio al 4 dicembre prossimo, l’esposizione completa della collezione Strada, recentemente acquisita dal Ministero della Cultura e da questo affidata al Museo archeologico nazionale della Lomellina, situato all’interno del Castello Sforzesco.
Una raccolta importante, costituita da circa 260 oggetti appartenenti ad un arco cronologico che va dalla preistoria all’età rinascimentale, ma particolarmente ricca in relazione all’età della romanizzazione della Lomellina (II – I secolo a.C.) e alla prima epoca imperiale (I – II secolo d.C.).
COLLEZIONE L’apertura al pubblico, ufficialmente oggi, è stata preceduta nella giornata di ieri da un evento celebrativo, con la lectio magistralis di Massimo Osanna, Direttore generale Musei, e gli interventi di alcune delle curatrici dell’esposizione: Emanuela Daffra, della Direzione Regionale Musei Lombardia, Stefania Bossi, Direttrice del Museo Archeologico nazionale della Lomellina, e Rosanina Invernizzi, co-curatrice della mostra. Quella della collezione Strada è una storia particolare, di quell’archeologia “da pionieri” che ha caratterizzato la prima fase di questa disciplina: e Antonio Strada, aristocratico lomellino nato nel 1904, un pioniere e un appassionato lo era davvero, tanto arricchire da la raccolta di reperti ereditati dalla sua famiglia (ritrovati durante l’Ottocento durante lavori agricoli) con l’acquisizione di altre collezioni private: tra queste le più consistenti sono la Steffanini, composta di oggetti rinvenuti a Mortara e nei dintorni, e la collezione Volpi-Nigra di Lomello, costituita principalmente da reperti della necropoli delle Brelle, sita nel comune stesso.
ALTRI REPERTI Senza dimenticare pezzi di provenienza extra territoriale (Magna Grecia ed Etruria), probabili acquisti di viaggio o frutto di doni e scambi. Il nucleo più prezioso della collezione è costituito dagli oggetti in vetro di età romana (provenienti da corredi funebri) tra i quali spicca la splendida coppa firmata da Aristeas, databile al secondo quarto del I secolo d. C., un vero e proprio unicum per la qualità e l’eccezionale stato di conservazione. Un tesoro che ora, dopo qualche mese di “anteprima”, potrà essere ammirato nella sua interezza da tutti all’interno del Museo: forse rivivendo l’emozione di chi, oltre un secolo fa, ritrovò per caso queste preziose testimonianze del passato emergere dal fango lomellino.
Alessio Facciolo