Nella prima lettura, dal Primo Libro dei Re, viene presentata la figura della vedova di Sarepta che aiuta il profeta Elia, dandogli da bere. La donna è povera, ma nonostante ciò il profeta chiede anche un pezzo di pane: ecco, lei dichiara di avere solo ancora poca farina e dell’olio, necessari per un solo pasto, dopodiché la vedova e suo figlio sarebbero morti di fame a causa della carestia.
Ma Elia, anch’egli senza nulla, chiede alla donna di fidarsi di Dio e di fare delle focacce prima per lui e poi per lei e suo figlio: ecco, farina e olio non si esauriscono e possono mangiare tutti per molti giorni. Il Vangelo invece ci presenta Gesù seduto al Tempio di Gerusalemme, davanti alla bussola delle offerte, mentre osserva una donna vedova e povera che offre pochissimo, appena due monetine, mentre gli uomini ricchi versano molto denaro.
Il Signore ha uno sguardo capace di vedere in profondità questa vicenda: da una parte la donna che ha oggettivamente dato poco ma ha donato tutto quello che aveva, a differenza dei ricchi che, pur avendo donato tanto, non hanno dato tutto ciò che avevano. Il giudizio del Signore è forte: la donna ha donato quanto aveva per vivere, mentre i ricchi semplicemente il superfluo.
Tale giudizio vale anche per ciascuno di noi: egli osserverà come in alcuni ambiti della nostra vita abbiamo concluso proprio poco, ma magari sotto quell’aspetto abbiamo dato tutto quanto potevamo, tutto quanto riuscivamo. Il Signore se ne accorgerà e lo apprezzerà.
Ma egli sa anche dove abbiamo dato tanto, ma non siamo stati generosi come avremmo potuto, dando molto meno di quanto potevamo, di quanto saremmo riusciti. Di ciò il Signore non si compiacerà. Non a caso, nella prima parte del racconto evangelico di domenica, vediamo come il Signore si scaglia anche contro il comportamento religioso degli scribi che si pavoneggiano e ostentano il loro ruolo e potere, a scapito di persone povere e deboli. Questi sono rimproverati senza pietà dal Maestro che invita la gente che lo ascolta a guardare e giudicare con occhi diversi che vanno al di là delle apparenze e logiche umane.
Le immagini che ci vengono consegnate delle due vedove, quella di Sarepta e quella del Tempio, diventano un modello per ciascuno di noi, perché testimoniano una fede fatta di generosa e totale autenticità, riconoscendo la profonda fiducia nella volontà di Dio anche nelle situazioni più estreme e provanti. Noi invece, quante volte abbiamo dimostriamo questa totale fiducia nella volontà di Dio? Spesso cerchiamo di tenere e di preoccuparci troppo per noi stessi perché forse non siamo abbastanza fiduciosi nel riconoscere che il Signore ama chi dona con gioia, come ricorda san Francesco: «Poiché è dando, che si riceve».
don Paolo Butta