Lourdes non è solo un luogo: è una fioritura di storie. Ogni pellegrinaggio è un intreccio di volti, incontri e cammini interiori che si sfiorano e si risvegliano a vicenda. E quest’anno, ancora una volta, il pellegrinaggio diocesano ha portato con sé vite che si sono incontrate e trasformate, restituendo a chi partecipa qualcosa che va ben oltre il ricordo.
CONVERSIONE C’è chi si ritrova e chi non è mai mancato. C’è Deborah Nicchio, infermiera del 118. Lourdes l’ha raggiunta nel momento in cui il lavoro l’aveva indurita. «Ero cresciuta in una famiglia religiosa, ma lavorando in ematologia avevo perso tutto. Non riuscivo più a credere, soprattutto quando vedevo soffrire i bambini». Il primo pellegrinaggio è stato travolgente. «Piangevo davanti alla Grotta, ho fatto la Via Crucis da sola, mi sono confessata dopo 15 anni. Qui ho ritrovato Dio attraverso i volti degli altri». E c’è Maria Gabba, che a Lourdes è arrivata nel 1967. Da allora è tornata ogni anno, salvo una pausa per crescere i suoi quattro figli, che oggi l’accompagnano come barellieri e dame.
Qui ho capito che la Madonna mi chiamava a servire. Gli ammalati ti danno sempre più di quanto tu possa dare.
Un pellegrinaggio, mille volti, un’unica speranza: quella che nasce dall’incontro e dalla fede condivisa. Lourdes resta nel cuore, come un seme che continua a fiorire.
SINDACI IN BORGHESE Francesco Perotti, sindaco di Dorno, e Simone Molinari, sindaco di Garlasco, non sono venuti a Lourdes in veste istituzionale, ma come uomini in ricerca. «Stare accanto agli ammalati ti cambia lo sguardo – raccontano – ti fa capire che non tutte le difficoltà si risolvono, ma si possono attraversare insieme. Questo, anche nella vita amministrativa, ti rende più umano». Nelle piccole comunità il contatto con i problemi è diretto, spesso difficile.
Ma qui – dicono – si riscoprono valori fondanti. Si torna a casa più sensibili, più veri.
CURARSI Tra i giovani c’è Riccardo Pedron, 16 anni, di Mede. È un barelliere della “green car” e ha deciso di partire grazie al consiglio di un amico e del proprio curato. «All’inizio ero incerto. Ma faccio già volontariato, e mi sono detto: perché non provare?» A Lourdes ha trovato qualcosa che non si aspettava. «Aiutare gli altri mi fa stare bene. Qui tutto è più intenso. Ho legato con ragazzi che conoscevo appena, con gli ammalati, con i volontari. Ho scoperto un legame che nasce dal prendersi cura. È il primo santuario in cui vado, e mi ha fatto credere davvero». Riccardo parla anche di momenti di amicizia, risate, confronto tra ragazzi provenienti da territori diversi ma uniti da un desiderio comune: crescere, servire, scoprire sé stessi.
Il Vescovo: «Testimoni di misericordia e di gioia»
Un cammino fisico e spirituale, un cuore che si apre alla Grazia, uno sguardo rivolto al cielo. È stato tutto questo – e molto di più – il pellegrinaggio diocesano a Lourdes, guidato dal vescovo monsignor Maurizio Gervasoni e animato da centinaia di fedeli, ammalati, volontari e sacerdoti. Partiti la sera del 24 aprile, i pellegrini hanno vissuto cinque giorni intensi sotto il segno della preghiera, della fraternità e del conforto reciproco.
MOMENTI FORTI Il cuore del pellegrinaggio è stato l’Accueil Notre Dame, la casa che accoglie gli ammalati e dove il servizio si fa Vangelo vissuto. Lì si è celebrata la bellezza di una Chiesa che si fa prossima, che si china sulle fragilità con rispetto e tenerezza. Le giornate sono state scandite da momenti forti: processioni, celebrazioni eucaristiche, passaggi alla Grotta, recita del Rosario, via Crucis, adorazioni notturne, incontri di spiritualità e preghiere comunitarie. Ogni gesto, ogni parola ha fatto risuonare nelle profondità dell’anima il tema scelto dal vescovo Gervasoni per le sue omelie: “Cammino giubilare, pellegrini di speranza”. Con uno stile sobrio e incisivo, ha invitato tutti a sentirsi parte di un popolo in cammino, portatore di una speranza che nasce dalla fede e si alimenta nella condivisione.
TESTIMONI SEMPRE Il Vescovo ha esortato i pellegrini a lasciarsi illuminare dalla luce di Lourdes per tornare nelle proprie comunità come testimoni di misericordia e di gioia, soprattutto verso chi vive il dolore e la solitudine. «Il cammino giubilare – ha detto – è un passaggio interiore, una svolta che ci rende capaci di rimettere Dio al centro». Tra i momenti più toccanti, la Messa internazionale del sabato, la fiaccolata mariana, la celebrazione penitenziale, la via Crucis al Calvario e il passaggio silenzioso davanti alla Grotta: tappe che hanno risvegliato nel cuore dei partecipanti la consapevolezza che la fede non è un accessorio, ma un appiglio vitale. E che Lourdes è più di una meta: è un incontro.
Ogni volto incrociato, ogni sguardo ricevuto, ogni gesto condiviso ha lasciato una traccia profonda, segno che il pellegrinaggio è esperienza di Dio nella concretezza della vita.
Un grazie particolare va a tutti coloro che hanno reso possibile questo pellegrinaggio: medici, barellieri, sorelle, volontari e responsabili dell’Hospitalité. Tornati a casa, i pellegrini non portano solo foto o souvenir, ma uno sguardo nuovo e una speranza viva. Quella che nasce dall’avere camminato insieme, verso Maria, sotto lo sguardo del Cielo.
Non semplicemente un posto da fotografare, ma un’esperienza da attraversare
Ci sono luoghi che si visitano e altri che si vivono. Lourdes appartiene senza dubbio ai secondi. Chi ci arriva, spesso attratto dal desiderio di guarigione o dal bisogno di pace, scopre presto che non si tratta di un luogo da fotografare, ma di un’esperienza da attraversare.
Lourdes è l’incontro, sorprendente e tenero, con il volto di Cristo. E questo incontro avviene attraverso due grandi strumenti: lo sguardo di Maria e le persone che camminano con te. È lo sguardo di Maria che tocca il cuore: accogliente, silenzioso, pieno di compassione. È lo sguardo che ha cambiato la vita di Bernadette, che – dopo quell’incontro – dirà: «Mi guardava come una persona». E proprio così ci si sente a Lourdes: guardati come persone, non come numeri, non come ruoli, ma come figli preziosi. In quel luogo dove migliaia di storie si intrecciano ogni giorno, si scopre la delicatezza di Dio: una madre che si china, che non forza, che attende. È un Dio che sa farsi piccolo per stare accanto a ogni dolore, fisico e spirituale, che si respira sotto la Grotta di Massabielle. E poi c’è il volto di Cristo nei volti di chi ti accompagna. Volontari, ammalati, pellegrini, giovani e anziani: ognuno diventa specchio della tenerezza di Dio. Chi porta una barella, chi asciuga una lacrima, chi spinge una carrozzina o semplicemente sorride, testimonia una passione che non viene dal dovere, ma dall’amore.
È la dedizione concreta di Dio, che si manifesta attraverso gesti semplici e quotidiani.
A Lourdes si impara che Dio cammina davvero con noi. È l’Eucaristia celebrata nella basilica, adorata in silenzio durante la notte, portata in processione tra le corsie dell’Accueil. Un Dio pellegrino, che non resta fermo ma si fa viandante tra la sua gente, tra i suoi figli. Ma Lourdes non si esaurisce nel tempo di un pellegrinaggio. Non può finire con il ritorno a casa. Lourdes diventa missione, eco di un Vangelo che dice con forza: «Va’, e anche tu fa lo stesso». Se non accade questo, è solo una gita. Il vero frutto di Lourdes si vede nella propria comunità: nel modo nuovo con cui si guarda il prossimo, si serve chi è fragile, si vive la fede nel quotidiano. Lourdes cambia, ma solo chi si lascia cambiare. Perché là il cielo tocca davvero la terra.
Il luogo in cui tutto accade e il cuore si riapre
Lourdes è il luogo in cui tutto accade. Lourdes è il luogo in cui da incredulo, diventi credente. Lourdes è il luogo che chiami casa quando l’hai vissuto almeno una volta. Servizio, meraviglia, incontri sono le tre parole che mi porto a casa da questo pellegrinaggio e che hanno ancora sperimentato i giovani che si sono messi in gioco prendendo parte e svolgendo il loro servizio tra i corridoi dell’accueil.
Giovani che dedicano una settimana del loro anno per prendersi cura di persone che non conosco e che spesso chiedono di essere cambiate, lavate e accompagnate a funzioni e messe. Proprio in questo contesto, avviene il miracolo. Spesso in televisione si sente parlare di quanto i giovani si stiano rinchiudendo sempre più nelle loro quattro mura domestiche, di quanto si disinteressino del prossimo e di come spendano la propria vita tra discoteche e alcool, ecco, Lourdes è il luogo in cui queste porte si aprono e si incontrano dei giovani di cuore. Non sono certo extraterrestri, ma sono ragazzi e ragazze che hanno capito la bellezza di condividere il proprio cuore.
Solo quando capisci che aiutare gli altri, servire gli altri è la chiave per riaprire te stesso allora si che il miracolo di Lourdes avviene in ognuno di noi. Tutti noi da questo luogo ci portiamo a casa sguardi, gesti, abbracci e sperdo partiamo con la convinzione di aiutare e supportare gli altri, ma torniamo con la consapevolezza di essere stati per primi, aiutati e supportati.
Don Carlo Cattaneo, Cristina Bocca Corsico Piccolino