Una veglia diocesana per portare a tutti il dono della pace

Essere missionari di speranza tra le genti, portando a tutti il dono della fede. È questo il messaggio emerso durante la veglia missionaria diocesana tenutasi il 18 ottobre nella chiesa di San Francesco e nella cattedrale di Sant’Amborgio. È con questo spirito che le comunità di tanti popoli, tra cui ucraini, peruviani, filippini, romeni, ecuadoriani e capoverdiani hanno preso parte a un momento di preghiera con al centro la speranza come dono da accogliere e trasmettere.

AMORE E GIOIA «Come ha detto Gesù – racconta don Paolo Nagari, direttore dell’uffio missionario, durante la funzione celebrata in San Francesco – bisogna andare dappertutto, cantando con gioia e portando con noi la fede in Dio. San Francesco ha insegnato a comprendere il valore dell’amore, a considerare l’amore come un dono da portare a tutti». Un percorso di amore e gioia le comunità che hanno preso parte alla Veglia lo hanno effettuato insieme ad alcuni volontari delle parrocchie di Vigevano dalla chiesa di San Francesco al Duomo cantando «Gesù Cristo sei la mia vita». In cattedrale l’accoglienza del vescovo, mons. Maurizio Gervasoni, che durante la sua omelia, ricordando un tratto del discorso di papa Francesco per la Giornata 2025, ha ribadito l’importanza di

perseverare. La perseveranza assolutamente necessaria è quella della fede, perché su di essa si ancorano tutte le altre perseveranze di cui dobbiamo essere capaci. Avere fede significa anche rimanere stabili nella speranza, quando l’attesa sembra farsi lunga, a volte troppo lunga.

REGALI E TESTIMONI Un invito accolto da tutte le comunità che hanno offerto in dono al vescovo Gervasoni prodotti della loro cultura: dagli ecuadoriani frutta esotica, dai filippini il “Parol”, una lanterna a forma di stella che rappresenta la fede, dagli ucraini il “Karavai”, simbolo sacro durante le cerimonie nuzialii (si tratta di un pane rotondo che rappresenta gioia e armonia), dai peruviani un piatto in metallo con disegni tipici del loro paese, e per finire dai romeni una borsa in tessuto contenente vino e olio. Tutti gesti di pace perché «Gesù ci chiede di essere gente di primavera – ricorda don Nagari – popolo della vita e seminatori di pace». Alle comunità, in cambio, è stato regalato un mini mappamondo, come a ricordare che ogni individuo è cittadino del mondo. Durante la veglia non sono mancate le testimonianze di chi è già stato un portatore di speranza. Un gruppo di ragazzi ha intrapreso un viaggio missionario a Capo Verde insieme a don Nagari e i frati Flavio e William, originari del posto, durante il quale «ci siamo messi a servizio del prossimo – raccontano – abbiamo aiutato tante persone rimaste senza casa a causa di un uragano, abbiamo toccato da vicino la povertà di quelle persone, rendendoci conto di quanto siamo fortunati a essere in Italia. Allo stesso tempo, però, abbiamo visto nei loro occhi tanta felicità, la felicità di chi non perde la speranza per il futuro».

Edoardo Varese

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