«La classe femminile è un diritto che deve essere garantito, ma l’Ufficio scolastico territoriale non sembra intenzionato ad ascoltarci».
DONNE SENZA SCUOLA La casa di reclusione di Vigevano si ritrova ancora sprovvista di una classe per detenute e Lorenzo Gaspero, docente di lettere all’istituto tecnico Casale che ha una sezione carceraria presso la struttura a Piccolini, non può più fare a meno di far trasparire la propria delusione. Sconforto dettato soprattutto dal fatto che da parte dell’Ust della provincia di Pavia non arrivano informazioni sul perché le ristrette di Vigevano non si vedano riconosciute la possibilità di costituire una propria classe.
Non c’è mai stata nessuna sezione – fanno sapere dall’Ust – non ci sono particolari novità. Ormai l’anno scolastico è iniziato ed è praticamente impossibile pensare a dei cambiamenti in merito a questo tema.
AMARA RIFLESSIONE Una spiegazione però il docente sembra essersela data: «Nonostante non ci sia mai stato detto in modo chiaro, è ovvio che il problema sia da ricondurre a una difficoltà economica e al fatto che le donne siano di numero inferiore rispetto agli uomini nel carcere di Vigevano. Tuttavia anche le ristrette hanno diritto a ricevere una formazione educativa e scolastica completa. E’ una lotta che portiamo avanti da anni, ma è quasi sotto gli occhi di tutti che non sembra sussistere la volontà di capire questa esigenza». Garantire un diritto costituzionale: una battaglia che Gaspero non sta però percorrendo da solo. «Chiederemo il sostegno di Rosalia Marino, direttrice della casa di reclusione – sottolinea Gaspero – più volte ha sostenuto e appoggiato le nostre richieste e anche lei crede molto nell’importanza rieducativa di queste strutture e di come a tutti deve essere concessa una seconda opportunità. Vogliamo ottenere questa classe in modo da dare completezza all’offerta formativa proposta dalla struttura e dalla scuola».
ARCOBALENO In mancanza della classe femminile, per provare a garantire comunque alle detenute della struttura di Vigevano ore di formazione il Casale ha pensato al progetto “Arcobaleno”: «Per mezzo di quest’ultimo si determina un numero di ore che la scuola mette a disposizione delle detenute che si vedono negare dall’Ust la possibilità di avere una loro classe. Certo si tratta di un’offerta limitata, che non può sostituire quella che si porta avanti quando si istituisce una classe. Come Casale chiediamo che a tutti venga data la possibilità di seguire un percorso scolastico regolare e formativo». Lezioni e percorsi che garantirebbero anche alle detenute la possibilità di interscambi culturali, anche tra ristrette provenienti da ogni parte del mondo:
La scuola tra i detenuti funziona e sono certo che funzionerebbe anche tra le detenute.
Edoardo Varese