Nella chiesetta all’interno di Palazzo Riberia la comunità ortodossa vigevanese si stava preparando per la celebrazione liturgica del vespro della domenica di carnevale quando, il 24 febbraio 2022, la notizia dei missili russi su Kyiv arrivò a scuotere la quotidianità dei fedeli di origine ucraina.
A pochi giorni dallo scoppio di quella che il governo russo chiama tutt’ora “operazione speciale”, padre Sergio Mainoldi raccolse attorno a sé la sua comunità per la recita di un Moleben, una particolare liturgia ortodossa, per chiedere la fine di quella definita da lui stesso una «guerra tra popoli fratelli». Non era la prima volta che alla Chiesa della “Protezione della Madre di Dio” di via della Costa si pregava per la fine delle tensioni fra Ucraina e Russia.
IL PRECEDENTE Il 22 marzo 2014, il vescovo di Vigevano monsignor Maurizio Gervasoni fu il primo vescovo cattolico a incontrare la comunità ortodossa cittadina e a promuovere una preghiera comune per la pace: si era nei giorni immediatamente successivi all’annessione della Crimea da parte di Mosca, un evento che aveva turbato la piccola comunità ducale, composta in gran parte da ucraini molti dei quali russofoni, quindi con legami familiari e religiosi da ambedue i lati del confine. Nel 2022 lo shock del 2014 si è riproposto con ancor più violenza, costringendo non solo le piccole comunità locali, ma anche la stessa Chiesa ortodossa a vivere il dramma della divisione.
Padre Mainoldi
NO ATTENUANTI «Questa situazione di scontro all’interno della Chiesa è stata provocata dall’ideologia religiosa che è emersa dietro al conflitto, cioè la giustificazione della guerra e della violenza – come spiegato dallo stesso padre Mainoldi poche settimane fa a Rimini, alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani – Questo ha portato a uno scandalo all’interno del mondo ortodosso perché, dopo lo shock di vedere come un paese sostenga un conflitto fratricida contro un popolo fratello e anch’esso ortodosso, sentire che viene trovata una giustificazione religiosa in questo fa ritornare a un clima che pensavamo di avere superato. E’ una situazione di grande sofferenza». La reazione della popolazione, nei primi giorni del conflitto del 2022, è storia: tonnellate di cibo e beni di prima necessità spediti in Ucraina, e successivamente l’ospitalità a donne e bambini in fuga dalla guerra.
MENO VICINI Un afflato di solidarietà apparentemente smorzatosi con il tempo, con la vita che, nel frattempo, chiedeva di andare avanti: e con essa anche quella della chiesa, che in questi mesi ha celebrato la liturgia della Pasqua, quella della Pentecoste, la festa della parrocchia, il rito dell’Olio Santo, il Natale, la Benedizione delle Acque per Santa Teofania. Momenti fondanti di una comunità che non ha però voluto dimenticare chi soffre, anche lontano dai confini ucraini: come i terremotati della zona di Antiochia, per i quali la parrocchia ha aperto una raccolta fondi, tendendo una mano ai bisognosi come già fatto un anno fa.