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Euro 2020 / Promossi e bocciati nel torneo delle “imperfezioni”

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SPORT Euro 2020 - festa Italia
L'urlo degli Azzurri a Wembley (Photo by Claudio Villa/Getty Images)

E’ stato l’europeo delle imperfezioni, giocato nel 2021 e targato 2020, vinto da una squadra imperfetta. E anche se fosse stata un’altra non sarebbe stato diverso: la Spagna è a metà di un passaggio generazionale, l’Inghilterra ha palesato limiti di mentalità, la Danimarca è stata una splendida imperfetta, trascinata dalla tragedia sfiorata di Eriksen. L’unica compagine che si poteva considerare perfetta – e che tale si considerava, ma specchiarsi le è stato fatale – era la Francia, eliminata agli ottavi da una Svizzera che ha elevato l’imperfezione a regola d’arte. Forse non poteva essere diversamente per una competizione giunta al termine di un periodo che ha devastato in particolare proprio l’Europa e che non è affatto concluso. Ulteriore imperfezione, la fase finale e gran parte delle partite clou si sono giocate… fuori dallo spazio comunitario – anche se l’Uefa da sempre è un’altra cosa – avendo come sfondo Londra (e Baku, San Pietroburgo), nello specifico Wembley, il primo tempio del calcio nel cuore del Regno Unito che all’Europa (versione Ue) ha voltato le spalle.

Ma proprio per questo è stato il torneo di cui c’era bisogno: capace di far tornare ad ammirare orizzonti un po’ più ampi di quelli di casa o cittadini, confini angusti a cui siamo stati costretti dal Covid che tuttora impedisce di viaggiare in molte parti del mondo. Capace di distrarre, di far perdere tempo a sognare con le partite dell’Italia (e lo stesso è stato per i sostenitori delle altre nazionali) e in questo modo di far riappropriare di quel tempo: non più costretti a usarlo tra home, smart e “classic” working senza nessun diversivo ammesso (in un qualcosa che molto si avvicina alle distopie disegnate da Orwell o Bradbury), liberi di impiegarlo per seguire 90’ di uomini in calzoncini che tirano pedate a un pallone, con l’aggiunta di numerosi supplementari e rigori; e perché no, perfino di sprecarlo quel tempo, che è forse il modo per rivendicare di possederlo.

Gds

PROMOSSI E BOCCIATI

10 L’Italia nell’abbraccio di Mancini e Vialli

La commozione del ct e dell’amico di sempre è l’emblema di una cavalcata fatta di calcio giocato, personalità, determinazione, ma anche di sentimento e spirito di gruppo oltre l’individualismo: a maggio chi avrebbe pensato di vincere col tridente Berardi – Belotti – Bernardeschi? Coraggio sì, ma anche consapevolezza delle risorse e delle proprie scelte.

9 La Danimarca risorta con Eriksen

credits: Uefa

L’europeo inizia con Eriksen che si accascia, Kjaer che gli presta i primi decisivi soccorsi, Schmeichel che abbraccia la moglie del centrocampista interista. Dalla tragedia sfiorata è nata la favola capace di far sognare i danesi con le giocate di Damsgaard, Maehle, Dolberg, oltre che dei già citati leader difensivi.

8 Il ritorno dei tifosi negli stadi

vigevanesi a Wembley

Bello riassaporare la folla sugli spalti, perché il calcio è davvero “for the fans” e del loro entusiasmo si nutre tanto quanto dei gesti tecnici fatti in campo dai calciatori. Purtroppo ci sono stati eccessi come la Puskas Arena di Budapest gremita all’inverosimile; scelte ciniche che magari non avranno effetti duraturi e ampi sulla salute delle persone complici la bella stagione e la scarsa trasmissione all’aperto, ma che sono sembrati una mancanza di sensibilità.

7 I Tre Leoni intimoriti da Wembley

credits: Uefa

Insozza con un tuffo in semifinale e brutte scene dentro e fuori dal campo nell’ultimo atto – dalle medaglie sfilate agli insulti razzisti alla bandiera italiana calpestata – quanto di buono fatto durante il torneo dalla banda di Southgate, tanto spavalda e agguerrita prima quanto intimorita e spenta nella serata che avrebbe dovuto consegnarla alla scuola. Il coinvolgente entusiasmo britannico ne esce ridimensionato.

6 Qualche stonatura, ma fischietti ok

credits: Uefa

Gli arbitri in molte partite non si sono visti e questo è un pregio, perché non sono stati protagonisti. Kuipers in finale è stato quasi perfetto, riabilitando i direttori di gara olandesi dopo il disastro di Makkelie. Ogni tanto ci sono state interpretazioni restrittive del regolamento (il rosso a Freuler in Svizzera-Spagna), il Var ha funzionato bene tranne che per il tuffo di Sterling, il fuorigioco ormai è una scienza esatta.

5 Troppi errori clamorosi

Portieri che sbagliano controlli banali e incassano autoreti fantozziane, terzini che si attardano a bere mentre gli avversari attaccano, ali che si allacciano le scarpe durante un contropiede (Berardi nel supplementare con la Spagna), rigori calciati troppo male per essere veri e cambi fatti apposta per calciare dagli undici metri che si rivelano fallimentari (Inghilterra e Spagna su tutte): una lunga galleria degli “errori”.

4 Le stelle? Più che altro cadenti

Ronaldo che perde e getta a terra con rabbia la fascia da capitano del paese che rappresenta, Mbappé che sbaglia dal dischetto nel momento decisivo, Muller che torna per salvare la Germania e contribuisce ad affondarla, Hazard costretto a cedere il palco al fratello meno nobile, non è stato un europeo per prime donne. Del resto l’Italia ha vinto (anche) con i rigori di Bernardeschi, riserva della Juve.

3 Francia, Galletti spennati

credits: Uefa

Anche dopo essere stata sconfitta resta la squadra più forte tra quelle che erano in lizza. Sulla carta… e non basta per vincere, ma l’arroganza e l’eccessiva confidenza sono costate care, a partire da quelle dimostrate da Deschamps, che ad esempio ha lasciato a casa Theo Hernandez per ritrovarsi a far fare il terzino a Rabiot…

2 I gironi ridotti ad amichevoli

Sei gironi per vedere tre amichevoli giocate da ciascuna nazionale, alla fine si salva perfino la peggiore Germania degli ultimi trent’anni; poi si recuperano tre terze un po’ a casaccio (l’Ucraina è arrivata alla fase finale solo perché la Slovacchia se ne è fatti fare 4 in 25 minuti dalla Spagna). Se anche lo sport rifugge la meritocrazia per un paio di dirette tv in più…

1 L’Uefa: il problema è oltre la Superlega

La gestione del caso Eriksen non ha convinto, così come la formula itinerante ereditata, soprattutto durante la pandemia e se poi tutte le compagini viaggiano e una sola ne gioca 6 su 7 in casa. Ancora, la decisione di insistere su Wembley come sede finale della competizione facendo finta che il coronavirus sia svanito, neppure troppo velato scambio di favori per l’aiuto di Johnson nell’affaire Superlega.

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