Vigevano celebra sant’Ambrogio

È in un mare di nebbia che si sveglia Vigevano la mattina di sabato 7 dicembre, festa di sant’Ambrogio. Le auto vanno piano, i passanti procedono lentamente, guardandosi attorno svogliati e al tempo stesso circospetti. Verso le 11 però la coltre grigia si dirada. Ne resta un po’ nel palazzo municipale, dove il senso di smarrimento per quanto accaduto una settimana prima aleggia ancora nei corridoi, popolati in questi giorni più da funzionari delle forze dell’ordine che da amministratori e dipendenti.

SALUTI Anche quella dei sindaci per i saluti del Vescovo non è una vera e propria folla, sono in tutto una quindicina, e qualcuno si è fatto sostituire da un assessore o un consigliere. Chi ha dovuto per forza prendere il posto del primo cittadino, in questo caso Andrea Ceffa, agli arresti domiciliari, è la vicesindaco Marzia Segù, assessore alla cultura. Nel suo discorso di benvenuto non nasconde l’emozione «per questo incontro così importante, per il quale ho stracciato e appallottolato un sacco di fogli di carta. L’anno scorso si celebrava il decennale del Vescovo, questa volta siamo alle porte del Giubileo. Per questo mi ha ispirato la bolla papale “Spes non confundit”, che parla della speranza. Tutti sperano, pur non sapendo cosa porterà il domani, tra certezze e dubbi. L’occasione di trovare la speranza è una dimensione spirituale che invita alla riflessione, e al confronto per una partecipazione democratica».

TRADIZIONE Poche parole da Riccardo Berzero Taccone, sindaco di Rosasco, che porterà in Duomo l’olio per la lampada votiva di sant’Ambrogio: «Il mio è un Comune agricolo dalla grande tradizione religiosa, che ha subìto nel tempo forti cambiamenti antropologici. In occasione di questo legame con la Diocesi, sottolineato dalla ricorrenza di sant’Ambrogio, abbiamo voluto dare un segnale della nostra presenza, già sottolineata con la donazione al Museo delle tavole dei fondi oro custodite per decenni a Rosasco». Tutti attenti al discorso del vescovo, monsignor Maurizio Gervasoni, il quale, parlando soprattutto di partecipazione democratica, conclude con una provocazione:

Invito i sindaci e gli amministratori del territorio a costituire dei gruppi di lavoro per risolvere il problema della povertà abitativa, della mancanza di un alloggio per i poveri, gli esclusi, gli ultimi.

LUCE Un concetto ribadito nella breve omelia in Duomo, ispirata alle parole del cardinal Montini, arcivescovo di Milano e futuro papa Paolo VI: «Bisogna parlare all’uomo alla luce di Cristo, da Lui possiamo imparare chi siamo e chi dobbiamo diventare, per vedere un servizio in ciò che facciamo: una migliore giustizia, come una missione, una vocazione, una speranza di trascendente mercede. È la possibilità di trovare la volontà di Dio mettendo amore in tutto ciò che facciamo». La mattinata si è conclusa con la visita degli amministratori a due opere recentemente restaurate e conservate nel Museo del tesoro del Duomo: l’arazzo fiammingo “Il rifiuto di Vashti”, risalente al 1520, e il polittico quattrocentesco “La decollazione di san Giovanni battista”, donato in comodato d’uso gratuito per 15 anni dal Comune di Rosasco. Una trilogia di tavole in fondo oro: d’oro come i raggi di quel sole che oggi tarda a farsi vedere, per scaldare i corpi e gli animi. La nebbia se n’è andata, ma fa ancora freddo. 

Davide Zardo 

 

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