Il piacere di scrivere a mano una cartolina a un amico. E di riceverla. Magari anche se l’indirizzo non è scritto giusto; ma a questo rimediano i postini di campagna, che come quelli di una volta conoscono vita, morte e miracoli dei residenti.
POSTINO DI UNA VOLTA É il singolare esperimento che ha coinvolto venti classi dell’istituto Caramuel di Vigevano (7 prime, 5 seconde, 5 terze, 2 quarte, 1 quinta) grazie all’insegnante di lettere Paola Comelli, che due anni fa ha inviato alcune cartoline ai suoi studenti, invitandoli a fare altrettanto tra di loro anche negli anni successivi. «Non è stato facIle reperire le cartoline e i francobolli – racconta la docente – tranne che in piazza Ducale a Vigevano, dato che in genere le tabaccherie non le vendono più. E qualcuno all’inizio ha fatto fatica a capire dove scrivere l’indirizzo e dove i saluti, c’è stato chi non aveva idea di cosa scrivere; altri non hanno messo il Cap, il codice di avviamento postale, che non sapevano nemmeno cosa fosse. Per fortuna nei paesini c’è ancora il postino di una volta, che conosce tutti per nome, cognome e persino soprannome». L’idea è stata riproposta anche quest’anno, ed è stata molto apprezzata da studenti e insegnanti. Si può dire che è nata per gioco? «Qui a scuola non si gioca, ma possiamo dire che è nata per curiosità, per vedere come avrebbero reagito i ragazzi, abituati alle e-mail e a Whatsapp. I risultati sono stati interessanti, e qualcuno si è entusiasmato». Ecco i commenti di alcuni allievi: «E’ stata la prima cartolina che ho scritto nella mia vita».
Ho scoperto il legame di un’amicizia profonda. Ho provato felicità: mi ha ricordato l’infanzia.
QUASI PER GIOCO Ma non solo: partendo da questo esperimento, ormai molto simile a un progetto didattico, la professoressa Daniela Bianchi ha iniziato una proposta per la quinta basata sull’analisi delle cartoline e dei diari di soldati della Prima guerra mondiale, mentre la collega Maria Elena Tacchini intende agganciare il discorso a una “cornice di senso” più ampia, spiegando cosa rappresentava la figura del postino fino agli anni ’70. «I bambini che non scrivono a mano – spiega la professoressa Comelli – tendono a leggere peggio di quelli che invece lo hanno fatto, e anche l’immaginario e il pensiero astratto vengono privati di un esercizio fondamentale per il loro sviluppo. Secondo studi norvegesi, inoltre, la scrittura esorta le funzioni della zona sensomotoria del cervello. Lo stesso è confermato dai risultati raccolti dalla Johns Hopkins University: il movimento della mano restituisce un’esperienza percettiva e motoria a tutto campo. A livello cerebrale, dunque, consente un rapporto tra l’azione manuale e il linguaggio. Insomma, come afferma il teologo ‘Abd Allāh ibn ʿAbbās, la scrittura è davvero lingua della mano». E ora la prova del nove: mano a penna e a cartoline, per gli auguri di Natale.
Davide Zardo