Osserva la bellezza della piazza Ducale. È sabato mattina, c’è il sole e dopo aver fotografato il duomo e dopo aver preso il caffè inizia a ricordare, a raccontare aneddoti legati a suo padre, a quel Danilo Dolci tanto conosciuto nel Mezzogiorno, quanto forse ancora da scoprire nel nord Italia e soprattutto tra le nuove generazioni.
TESTIMONIANZA È Amico Dolci, suo figlio, flautista di fama, docente conservatorio di Palermo a parlare a ruota libera della nascita e della costruzione della diga sul fiume Jato, i cui lavori di realizzazione hanno avuto inizio il 27 febbraio 1963. Non una semplice opera infrastrutturale, ma il simbolo «della battaglia per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori della Sicilia – racconta Amico Dolci – ma soprattutto metafora della lotta contro la mafia e le principali organizzazioni criminali che per molto tempo hanno oppresso il territorio. Papà si è circondato di tanti storici collaboratori che hanno saputo inserirsi e entrare nel vivo di una realtà complicata come quella vissuta dalla Sicilia nel secondo dopoguerra e durante gli anni Sessanta, condividendo la quotidianità della parte più misera della popolazione. Usando la pace, il dialogo, il confronto ecco che è riuscito a guadagnarsi la fiducia e l’approvazione della comunità». Danilo Dolci è nato a Sesana, in Slovenia, nel 1924. Ha viaggiato molto per studio, lavoro e per inseguire la sua missione. Completa i primi studi in Lombardia, dove consegue il diploma presso un Istituto tecnico per geometri e la maturità artistica a Brera. Durante il ventennio fascista coltiva una forte avversione contro la dittatura e terminata la guerra, dopo aver studiato Architettura alla Sapienza di Roma, nel 1952 si trasferisce in Sicilia, a Trappeto.
LA NONVIOLENZA Ed è qui che inizia a promuovere lotte nonviolente contro la mafia e contro tutti gli elementi che Cosa Nostra usa per entrare in ogni casa. Analfabetismo, disoccupazione, paura e l’assenza «delle istituzioni – prosegue Amico Dolci – la mafia usa questi strumenti per farsi strada, mio papà si serviva del dialogo e della cultura per combatterla. Il suo progetto di sottrarre la Sicilia alla mafia, alla povertà e all’ignoranza, continuano a lasciare un segno per tutti noi». E Amico Dolci infatti è il presidente del Centro per lo Sviluppo Creativo Danilo Dolci, continua a portare avanti la sua missione, partendo da un presupposto e da una verità:
Nessun cambiamento reale può prescindere dal coinvolgimento e dalla partecipazione delle persone e delle comunità.
MAIEUTICA Mettendo in pratica questo principio, di socratica memoria e provenienza, Amico Dolci, è stato a colloquio anche con gli studenti dell’IIS Caramuel Roncalli, nella serata di venerdì 11 aprile, in occasione del primo incontro del progetto “A scuola di pace” che prevede un ciclo di tre appuntamenti. “La maieutica reciproca come metodo di pace” il titolo che Amico Dolci ha voluto dare al suo incontro con i ragazzi e alcuni docenti del Caramuel. Perché ponendo domande e leggendo anche alcune sue poesie gli studenti hanno avuto modo di confrontarsi con un’artista e un pedagogista che continua a vedere nel dialogo uno dei principali aspetti comunicativi, e un ponte di collegamento tra passato e futuro.
Edoardo Varese