Arance per curare il mal di gola, vegetali per zuppe e guerre a colpi di formaggio. Sembra girare in gran parte attorno alla tavola la storia di Bona Sforza, la figlia di Gian Galeazzo nata a Vigevano nel 1494 e divenuta, dopo il matrimonio con Sigismondo I, regina di Polonia e granduchessa di Lituania. Venerdì 8 settembre, alle ore 18.30, alla Sala Leonardiana del Castello di Vigevano sarà inaugurata la mostra “Bona Sforza e i suoi discendenti”.
Un’esposizione organizzata da autorità e associazioni polacche e italiane (nell’ordine: il consolato polacco di Milano, il Castello di Liw, l’Associazione “Rapperswil”, l’Accademia Polacca delle Scienze, la Biblioteca Pubblica “Zygmunt Jan Rumel”, l’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia, il Castello Svevo di Bari, il Comune di Vigevano e la Società Storica Vigevanese) che approfondirà la figura, poco nota al grande pubblico, della monarca nata in terra ducale. La mostra, che sarà visitabile fino al 30 settembre, darà modo di conoscere (grazie a una serie di pannelli preparata dalla Società Storica) il ruolo giocato da Bona Sforza a Varsavia.
Dove “esportò” il Rinascimento italiano e promosse la modernizzazione dello stato; i rapporti complicati con la sua famiglia. Il suo lascito, anche “genetico”, all’interno delle corti europee. Eppure, fuori dai canali “ufficiali”, la storia della consorte di Sigismondo sembra avere anche un legame strano con una delle passioni italiane per eccellenza: il cibo. Vox populi vuole infatti che la regina Bona Sforza abbia contribuito alla diffusione del cibo italiano in Polonia e Lituania. In particolare, a lei si riconduce la “włoszczyzna”, traducibile approssimativamente come “roba italiana”. E che in sostanza è un mix di verdure per le zuppe. In realtà, primizie come cavolfiori, carciofi, asparagi erano diffuse sulle tavole dei polacchi (ricchi, ovviamente) già da almeno un secolo.
Merito probabilmente della fiorente comunità italiana di artisti, artigiani, diplomatici e mercanti che all’epoca frequentava gli ambienti bene di Varsavia, Vilnius e dintorni. «La connessione tra Bona e le verdure è il classico mito culinario – ha spiegato Jarosław Dumanowski, storico polacco – a lei è accreditato di aver portato prodotti che erano già in Polonia da tempo, o altri che non esistevano di sicuro all’epoca, come il pomodoro». Benché il suo ruolo da “food influencer” sia da ridimensionare, certo è che comunque alla regina mangiare italiano piaceva, tanto da farne importare parecchio. Al contrario del marito, che preferiva la più calorica dieta mitteleuropea, anche se qualche volta dava retta alla consorte, soprattutto sul fronte della salute.
Nel 1539 Sigismondo scriveva infatti a re Ferdinando d’Asburgo che «per curare la mia malattia, uso un tipo di mela chiamato arancia (in effetti, il nome polacco dell’agrume è pomarańcza) che, avendo in grande considerazione la mia salute, lei (la regina, ndr) mi ha consigliato». Alla corte di Bona Sforza il cibo poteva anche diventare materia di crisi politiche. Come lo “scandalo del formaggio”. Questo fu innescato di un pezzo di parmigiano: quello desiderato dall’odiatissima nuora Eleonora d’Austria. E che fu prelevato dalle dispense della regina vigevanese. La quale, raccontano le cronache dell’epoca, non la prese benissimo, tanto da espellere servitù e dignitari considerati responsabili del gesto.
In realtà, quella del formaggio (di cui le cucine di palazzo erano sicuramente ben fornite) fu una scusa, dietro la quale si celavano motivazioni politiche più profonde, utilizzata dalla monarca per allontanare da corte presunte spie ed elementi indesiderati. Certo, volendo decontestualizzare e giocando un po’ sul filo dell’assurdo, fa comunque sorridere immaginare l’algida e raffinata regina di Polonia impazzire riguardo un pezzo di formaggio. Proprio come il classico italiano stereotipato di fronte a una pizza con l’ananas.
Alessio Facciolo