Vedo-non vedo: è questione di sguardi. Da come guardi, capisci chi sei; se sei figlio della luce che permette di vedere il bene o delle tenebre che lo nascondono. In un periodo storico dove menzogna e verità, bene e male sono volute indistinguibili, mescolati come il bianco e il nero in un grigio indefinito e lattiginoso, la Parola del Signore con precisione chirurgica prova a fare chiarezza.
Il cosiddetto “discorso della pianura” condensa gli insegnamenti della nuova Legge che Gesù offre ai suoi seguaci che “lo ascoltano” e lo seguono per la strada. Nella vita si può guardare tutto e farsi deformare lo sguardo, subendo passivamente la teoria delle immagini che scorrono sui molteplici schermi della vita, ormai sempre a portata di mano. Guardando tutto si può cadere nel tranello di non vedere; assuefatti alla danza delle immagini, corriamo il rischio di diventare ciechi e freddi di fronte alla vita e di avventurarci, indifferenti per vie sbagliate, passive, deformanti. Non solo, ma il mondo pullula di ciechi che si vendono bene, assumendo il ruolo di guide di altri, conducendoli su strade perverse che il Signore identifica come “fosso”, laddove cadendo ci si fa davvero male, e dove, in quanto ciechi, si rischia di rimanere a vita, disorientati come siamo dalle troppe stelle luccicanti che accecano.
Gesù invita ancora una volta ad essere tra coloro che “ascoltano”, ad essere audaci, ad osare andare controcorrente, come bene indica la congiunzione avversativa “ma” legata all’ascolto.
Questa voce del Signore-Pastore può farci correre il rischio della conversione: quella cui Gesù invita lo “attore” (ipocrita) nascosto (crittato) sotto la maschera di scena. “Giù la maschera!” sembra gridare il vangelo odierno, proprio nel pieno della festa delle maschere dove va in scena (per esorcizzarlo) il carosello della follia: un cieco oscurato da una trave non può correggere il minuscolo difetto del campo visivo di chi ha una ciglia nell’occhio! Questa domenica già ci orienta al cammino che presto inizieremo nella Grande Quaresima che ci conduce a far saltare le pesanti maschere che annebbiano e sclerotizzano il cuore. Nella bagarre delle tante voci che si propongono a guru degli altri, la voce della coscienza è sempre più tacitata, ma il vangelo richiama alla profondità interiore: possono esserci gesti forti che a pelle urtano e provocano al risentimento: da che cuore vengono? Come fruttificano in noi? Quale effetto producono? Albero buono dà frutti buoni, anche se, magari non belli da vedere, incerati come la frutta perfetta della grande distribuzione. Uomo buono anche se brusco e irruento, dal suo gran cuore saprà donare la dolcezza della carota e il rigore del bastone che sa far camminare dritti e spediti, perché la sua bocca esprime quello che nel cuore non è contenibile.
don Andrea Padovan