«Queste dunque sono le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità. Ma di tutte più grande è la carità» (1Cor 13,13). Così S. Paolo, l’apostolo delle genti, chiude il cosiddetto “inno alla carità”. Dalle sue parole immediatamente comprendiamo la profondità che si apre davanti a noi quando ci accingiamo a parlare di questa virtù, la più grande e la “regina” di tutte, che spesso rischia di non essere colta e compresa nel suo autentico significato.
UNA CARITA’ DIVERSA Non è raro, infatti, nel nostro pensiero comune, ridurre la carità semplicemente alle piccole o grandi elemosine fatte a favore di qualche bisognoso.
Alla sua radice c’è la grazia divina che pone in noi un seme di amore che siamo chiamati a coltivare e far crescere. La parola stessa “carità” deriva, infatti, dal greco charis che significa “grazia”. C’è quindi da considerare primariamente una dimensione “verticale” perché il nostro amore, la nostra capacità di amare nasce da un amore che ci precede e ci è donato; come se ricevessimo una cascata d’amore che ha la sua sorgente trascendente in Dio.
L’AMORE DI DIO «Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto. Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1Gv 4,16). San Giovanni, il discepolo prediletto di Gesù e l’Apostolo dell’amore, nell’affermazione “Dio è amore” tenta l’impossibile definizione dell’essenza di Dio. Le parole della sua prima lettera ci consegnano l’immagine di Dio e la conseguente immagine dell’uomo e della sua strada; ci offrono la prospettiva dell’esistenza cristiana: riconoscere e credere all’amore di Dio e in questo amore radicare la scelta fondamentale della vita. Papa Benedetto XVI nella sua Lettera Enciclica Deus caritas est scriveva:
All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva.
Il primo passo, perciò, nell’orizzonte della carità ci dirige verso la contemplazione del volto di Dio. Un volto che rivela vari lineamenti “amorevoli”, come ci insegna la rivelazione biblica e che ci consegna che Amore è l’identità stessa di Dio. Il nostro è dunque un amore “di risposta”, che dipende dal fatto che Dio è amore e ci ama.
LA RICONOSCENZA Il riconoscimento riconoscente dell’amore di Dio per noi è quindi il motore per uno sguardo nuovo sulla nostra vita, che spinge a guardarci con gli occhi di Dio, invita ad amare noi stessi con lo stesso amore di Dio. È qui che troviamo la chiave di volta per attivare la melodia della dimensione orizzontale, “antropologica” dell’amore che attinge forza, coraggio nella verticalità dell’amore sentito, abbracciato e accolto nella nostra vita. Qui troviamo la porta di accesso per provare a vivere il comandamento nuovo che Gesù ci consegna: amare Dio e amare il prossimo come noi stessi. Amati, amiamo!; ricevuto in noi il germe della carità, dobbiamo farlo sbocciare.
Questa connessione tra i due amori, il divino e l’umano, è richiamata in modo particolare dalle parole di Gesù nel vangelo di Giovanni: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). In Gesù, l’amore di Dio e l’amore del prossimo sono riuniti in un unico movimento. In lui, la virtù della carità corona il dono della fede e della speranza.
LE PAROLE DEL PAPA Papa Francesco all’udienza generale dello scorso mercoledì 15 maggio, affrontando il tema della virtù della carità ha fatto riferimento al discorso della montagna pronunciato da Gesù nel vangelo di Matteo che culmina con l’amare i propri nemici: «Ci accorgiamo subito che è un amore difficile, anzi impossibile da praticare se non si vive in Dio. La nostra natura umana ci fa amare spontaneamente ciò che è buono e bello. In nome di un ideale o di un grande affetto possiamo anche essere generosi e compiere atti eroici. Ma l’amore di Dio va oltre questi criteri. L’amore cristiano abbraccia ciò che non è amabile, offre il perdono…»
È un amore così ardito da sembrare quasi impossibile, eppure è la sola cosa che resterà di noi.
L’AMORE CHE SALVA Toccati dall’amore di Dio possiamo dunque provare ad amare, consapevoli che l’amore, come dono di Dio, non è semplicemente sentimento, “un sentire nel cuore”, ma risposta riconoscente ed efficace che si esprime in azioni concrete verso il prossimo e tutto il creato.
Concludo con Sant’Agostino che riflettendo proprio sul capitolo 13 della prima lettera ai Corinzi si pone la domanda: “Com’è fatto l’amore?” e dice: “Ha mani per aiutare gli altri. Ha piedi per affrettarsi verso i poveri e i bisognosi. Ha occhi per vedere la miseria e la penuria. Ha orecchie per sentire i sospiri e i lamenti degli uomini. Ecco com’è fatto l’amore”.
don Roberto Signorelli