La fortezza è una delle quattro virtù cardinali e, secondo Tommaso d’Aquino, occupa un ruolo centrale nella vita morale. Nella Summa Theologica (Secunda Secundae, q. 123-140), egli la descrive come la capacità di affrontare con coraggio i pericoli e le difficoltà per perseguire il bene, senza lasciarsi paralizzare dalla paura o trascinare dalla temerarietà.
DEFINIZIONE Tommaso la definisce come la virtù che «ha per oggetto i timori e le audacie» (q. 123, a. 3), specialmente in riferimento ai pericoli più grandi, come la morte. Essa permette di dominare le emozioni, mantenendo salda la volontà nei momenti di prova. Non si tratta di eliminare la paura, che è naturale, ma di governarla, orientandola al bene. L’Aquinate individua due modi in cui la fortezza si manifesta: nell’agire con coraggio e nel sopportare con pazienza. Il primo aspetto riguarda il superamento di ostacoli e pericoli, spesso con azioni eroiche. Tuttavia, il secondo aspetto, cioè la capacità di sopportare le avversità, è la forma più alta della fortezza. Sopportare con costanza il dolore, le difficoltà quotidiane o la persecuzione richiede una forza interiore ancora maggiore rispetto all’azione eroica.
MARTIRIO Un esempio sublime di fortezza è il martirio, che Tommaso considera l’apice di questa virtù. Il martire accetta la morte per testimoniare la verità e l’amore di Dio, sacrificando la propria vita in piena fedeltà alla fede cristiana (q. 124, a. 3). Ma la fortezza non è limitata a situazioni straordinarie: si esprime anche nella perseveranza, ossia nel rimanere fedeli al bene nonostante le sfide quotidiane.
CON ALTRE VIRTÙ Come virtù cardinale, la fortezza non opera da sola, ma in armonia con altre virtù. È strettamente legata alla prudenza, che guida le scelte con saggezza, e alla giustizia, che garantisce il rispetto del prossimo. Inoltre, richiede il supporto della temperanza, che modera le passioni e i desideri disordinati. Il teologo collega la fortezza anche alle virtù teologali della fede, speranza e carità. La fede illumina l’intelletto sul vero fine della vita, mentre la speranza sostiene la volontà, facendo confidare nell’aiuto di Dio. La carità, infine, dà alla fortezza la sua direzione ultima, poiché rende l’uomo capace di affrontare ogni difficoltà per amore di Dio.
VIZI OPPOSTI Tommaso analizza anche i vizi opposti alla fortezza, distinguendoli in due categorie principali. Da un lato c’è la codardia, che nasce da una paura eccessiva e impedisce di affrontare le difficoltà necessarie per perseguire il bene. Dall’altro lato c’è la temerarietà, che spinge ad affrontare rischi in modo avventato, senza valutare correttamente le conseguenze. Entrambi i vizi, opposti per natura, rompono l’equilibrio della virtù, allontanando l’uomo dalla giusta misura.
GRAZIA DIVINA La fortezza, secondo Tommaso, non è solo una qualità naturale o uno sforzo umano, ma una virtù arricchita dalla grazia divina. È Dio stesso che, attraverso il dono della grazia, rafforza l’animo del cristiano, rendendolo capace di affrontare non solo le difficoltà materiali, ma anche quelle spirituali, come le tentazioni. Questa virtù ha un profondo significato cristologico: Cristo, nella sua Passione e morte, è il modello perfetto di fortezza. Egli ha affrontato sofferenze e umiliazioni con piena fiducia nel Padre e per amore dell’umanità. Seguendo l’esempio di Cristo, il cristiano è chiamato a esercitare la fortezza nella propria vita, affrontando le sfide con coraggio, pazienza e perseveranza. In conclusione, la fortezza è una virtù indispensabile per chi desidera vivere pienamente la vita cristiana. Essa rafforza l’animo contro le avversità e orienta il cuore verso Dio, il vero fine dell’uomo. Nella prospettiva di Tommaso, essa non è semplicemente una dote umana, ma una via per imitare Cristo e partecipare al suo amore redentore.
don Carlo Cattaneo