L’ira fa perdere il paradiso perché si oppone alla misericordia che è l’unica porta di accesso al Cielo. Il libro dei Numeri ci presenta un Mosè inusuale che anziché fare come il Signore gli ha chiesto, cioè di «parlare alla roccia» sotto gli occhi del popolo, «ed essa darà la sua acqua» al popolo assetato, Mosè che fece? «Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza». Quel moto d’ira però dispiacque al Signore: «Poiché non avete creduto in me, in modo che manifestassi la mia santità agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete quest’assemblea nella terra che io le do». (cf. Nm 20,10-8-12).
POTERE DI ROVINARE L’ira ha il terribile potere di guastare e di rovinare in un istante anche le cose più belle e più sante, persino i doni ricevuti. Mentre l’invidia è forse il vizio capitale più nascosto, l’ira è certamente quello più visibile, capace di sfigurare il volto di chi ne è preda, di far mancare il fiato e persino di far muovere le mani con gesti di minaccia. Se è vero che l’ira si scatena in un attimo è pur vero che essa dispone di un bacino di incubazione sufficientemente capiente fatto soprattutto di tristezza, di frustrazione, di volontà di possesso, di continuo lamento, di insoddisfazione di tutto e di tutti, di inimicizie continuamente alimentate, di processi alle intenzioni, di manie di persecuzione come se fossimo il centro dell’universo, di vittimismo e via dicendo. Il vizio dell’ira non è infatti riducibile al solo momento dello scoppio della rabbia, ma anche a tutto quello che precede e che cova fino poi ad esplodere.
L’INVITO DI S.PAOLO Ecco perché è importante svuotare frequentemente il serbatoio come ci invita a fare San Paolo, «Adiratevi, ma non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira, e non date spazio al diavolo» (Ef 4,26-27). Il diavolo cerca continuamente di impadronirsi e di occupare quello “spazio”, quel serbatoio di raccolta che invece siamo invitati a sottrargli. Per vincere l’ira occorre, dunque, andare alla radice, non basta cercare di contenere le sue manifestazioni esteriori.
MEMORIA FALSATA L’ira poi gioca brutti scherzi alla memoria, facendole ricordare, ingigantendoli, i torti subiti e facendole dimenticare il male e le ingiustizie commessi, ma ancor più i doni e le grazie ricevute, fatto sta che, per dirla con un’espressione evangelica, quella degli altri è sempre una trave e quella propria invece è sempre una pagliuzza piccina piccina.
E L’IRA DI DIO… A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che però nella Sacra Scrittura si parla più volte dell’ira di Dio. Come la mettiamo? Il ricorso alla “collera” di Dio, è solo un modo per dire che Dio ha un pathos, cioè non è insensibile e tantomeno lontano dagli uomini e dalle loro sofferenze. La sua collera paradossalmente dice il suo amore per l’uomo, il suo farsi vicino, è un tratto della sua misericordia; nulla ha a che vedere con il vizio dell’ira che è invece disprezzo costante verso l’altro in quanto tale, accompagnato dall’intenzione di annientarlo e di distruggerlo.
RIMEDIARE ALL’IRA Per quanto il cammino di guarigione e di liberazione possa apparire arduo, l’ira però non è un vizio senza rimedio. Le pagine scritte sui consigli e suggerimenti per cercare di venirne a capo quasi si sprecano, ma solo la risposta che ci viene dalla fede e che ci ricorda che l’altro, è «un fratello per il quale Cristo è morto» (1Cor 8,11), risulta essere la via più convincente e la più sicura. «Beati i miti – dice Gesù – perché erediteranno la terra» (Mt 5,5). Se l’ira ci chiude la porta del Paradiso, la mitezza ce la spalanca.
don Paolo Ciccotti