I matrimoni religiosi continuano a calare. Il 70% delle coppie sposate sceglie il matrimonio in Comune, solo il 30% opta per il rito in chiesa (o in altri luoghi di culto). Nel 2022 (ultimi dati disponibili per Istat) ne sono stati celebrati 189.140, in crescita del 4.8% rispetto al 2021 e del 2.7% rispetto al 2019; tra questi le prime nozze sono state 146.222 (+2.7%), mentre diminuiscono le separazioni (89907, -8.2%). L’andamento positivo però è dovuto esclusivamente alla crescita dei matrimoni civili, +10.8%. Già nel 2014 il 43% dei matrimoni era stato celebrato con rito civile. Nonostante questo i riti religiosi rimangono molto presenti nel sud Italia.
LA SITUAZIONE Il rito civile è chiaramente più diffuso nelle seconde nozze (dove raggiunge il 95%), essendo in molti casi una scelta obbligata, e anche nel caso di coppie miste o di entrambi i partner stranieri, quasi nove matrimoni su dieci sono celebrati con il rito civile. Facendo un passo indietro fino all’anno 2014 si può notare che i matrimoni in generale erano in calo (-9.8% sul 2008), ma i più sofferenti erano già allora quelli religiosi. Sono stati infatti celebrati in Italia 189.765 matrimoni. In Lombardia nel 2022 il 29.9% dei “sì” è stato pronunciato in una cerimonia religiosa, il 70.1% in sede civile, ma la provincia di Pavia si attesta a una media più bassa, il 24.1% che ne fa in assoluto quella in cui meno ci si sposa davanti a un sacerdote a livello regionale. Pavia, in tutto il nord Italia, è preceduta solo da Biella (22.1%) in questa “graduatoria”.
QUESTIONE D’INDOLE Don Roberto Signorelli, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia, spiega che «le variabili sono tante, molte sono seconde nozze e questo incide sulla scelta. Io credo che i matrimoni in generale siano diminuiti. La vita ecclesiastica in sé è diminuita. Una volta era tradizione sposarsi tramite il matrimonio religioso, ma oggi si possono fare feste articolate anche con un rito civile. Il matrimonio religioso è una scelta contro corrente, oggi consapevolmente si sceglie il tipo di rito più vicino alla propria indole. Un matrimonio religioso è sicuramente più legato ad una scelta di vita cristiana. Nonostante questo ci sono alcune coppie che si sposano prima con rito civile e poi con il matrimonio canonico». Potrebbe avere un ruolo anche l’instabilità socio-economica delle coppie, che tendenzialmente arrivano a formalizzare la loro unione più tardi: «La quota di giovani che resta nella famiglia di origine fino alla soglia dei 35 anni è pari al 61.2% – scrive Istat – quasi tre punti percentuali in più in meno di 20 anni. Questa protratta permanenza comporta anche un effetto diretto sul rinvio delle prime nozze. Tale effetto si amplifica nei periodi di congiuntura economica sfavorevole spingendo i giovani a ritardare ulteriormente, rispetto alle generazioni precedenti, le tappe dei percorsi verso la vita adulta, tra cui quella della formazione di una famiglia».
Sul posticipo del primo matrimonio, inoltre, incide anche la diffusione delle convivenze prematrimoniali.
ALTRE SCELTE E delle unioni civili, che sono state introdotte nel 2016 e che riguardano anche persone dello stesso sesso. Nel secondo semestre di quell’anno ne furono registrate 2336, mentre nel 2022 sono state 2813, il 31% in più rispetto al 2021, di cui oltre un terzo nel nord-ovest e in generale con una concentrazione maggiore nei dodici principali comuni italiani (Roma da sola ne conta l’8.6%, Milano il 5.9%, insieme più del Lazio, la seconda regione italiana dopo la Lombardia). Il 56.7% del totale riguarda unioni tra uomini. Se si passa ad analizzare chi si separa o divorzia, Istat certifica che è «tradizionalmente più contenuta rispetto alle separazioni la quota della componente consensuale nei divorzi (71.5%); nel 2022 appare sostanzialmente in linea con l’anno precedente (70.9%). Dopo il picco del 2016 (78.2%) la proporzione di divorzi consensuali decresce per tornare in prossimità del valore di inizio decennio (72.4% nel 2010)». Il decreto legge 132/2014 e la legge 55/2015 hanno reso più semplice l’accesso a separazioni e divorzi, cosicché dal 2015 al 2019 si è avuta un’accelerazione di entrambi i fenomeni, mentre dopo la pandemia si assiste a una stabilizzazione dei numeri. Per le separazioni «nel 2022 si nota un ridimensionamento (-10.5%) della componente consensuale» e «l’83.3% delle separazioni si è concluso consensualmente tornando ai livelli del biennio 2015-16».
Giulia Drago