Prima peccatori, poi santi 

Siamo giunti al termine del nostro breve percorso alla scoperta dei sette vizi capitali, chiamati anche dai maestri spirituali dell’oriente cristiano logismoi, cioè pensieri cattivi.

PENSIERI CATTIVI Abbiamo compreso che li si chiama capitali perché costituiscono le malattie spirituali che sono a fondamento delle altre. Abbiamo anche visto come essi – i vizi capitali – muovano dall’esterno e penetrino subdolamente nell’intimo della persona, oppure muovano dall’interno, in entrambi i casi però con l’intento di insinuare un’azione malvagia, contraria al progetto di Dio. Dal consenso che incontrano accade che prendono forza e indeboliscono, fino a fiaccare, la persona nella sua fragilità. Se è vero che c’è il pericolo di soccombere c’è però anche la possibilità di combattere, o meglio il dovere di farlo. Il credente, in forza della vittoria di Cristo, è chiamato ad un combattimento che supera le sue forze: «La nostra battaglia, infatti, non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i principati e le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove» (Ef 6,12-13). L’esistenza del credente in Cristo è partecipazione sia alla sua vittoria sia alla sua lotta, e nella lotta, la nostra, si misura il l’amore per il Signore, si vede se davvero siamo disposti ad amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze.

GUSTARE IL BENE A conclusione del nostro itinerario, mi piace riprendere la domanda del salmo 33: «C’è qualcuno che desidera la vita e brama lunghi giorni per gustare il bene?». Perché non sia una domanda cinica, una domanda priva di senso, occorre innanzitutto che questa vita piena esista e che sia possibile viverla. Ma chi è che pone questa domanda? È Dio stesso che ce la pone. Immaginate Dio che si aggira in mezzo alla folla e grida, come un venditore ambulante, il suo desiderio di trovare un uomo che voglia la pienezza della vita e voglia essere felice, un uomo che voglia vivere nella gioia. Vuoi la vita, la mia vita? Vuoi il mio amore? Vuoi la mia salvezza? Chi vuole tutto questo? «Io»: sembrerebbe la risposta più semplice da dire. Sembra così semplice, così scontato che l’uomo dica «io» a chi gli chiede se vuole la vita e la felicità, eppure, è proprio in quell’«io», in quel semplice dire «io» che tutto si inceppa.

GUARDARE IN FACCIA CRISTO Dal peccato originale in poi, l’uomo fa fatica a dire «io», perché non si può dire «io» senza porsi di fronte a un «Tu». Per questo ritorna, puntuale come sempre, la Settimana Santa, perché possiamo guardare nuovamente in faccia Cristo, non con la preoccupazione della perfezione, ma guardarlo in faccia e basta, col desiderio del bene e della verità, sentendo vere dentro al nostro povero cuore ferito le parole dell’apostolo Paolo: “Tutto posso in colui che mi dà la forza”. Ecco la grande rivoluzione del mondo: la fede come conoscenza e la carità come morale. Come sono sette i vizi capitali che indeboliscono l’anima, allo stesso modo sette sono le domande che rivolgiamo al Padre nella preghiera d’amore che Gesù ci ha insegnato. Proviamo a pregare, con cuore di figli amati, ognuna delle petizioni del Padre nostro vedendovi il rimedio a quel veleno di morte che minaccia la nostra vita. Coraggio, non temiamo! Per fare un santo ci vuole un peccatore che si lasci toccare dalla misericordia di Cristo, ci vuole uno che dica: Gesù è morto proprio per me, per me ha sofferto facendosi carico del mio peccato, per me è risorto. In lui anch’io sono figlio del Padre. Figlio amato.

don Paolo Ciccotti

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