Settimana Sociale Trieste: Liberamente costretti

«La libertà non è star sopra un albero / Non è neanche il volo di un moscone / La libertà non è uno spazio libero / Libertà è partecipazione». La cinquantesima Settimana sociale dei cattolici in Italia si è svolta sotto l’egida di questo jingle mutuato da Gaber che puntualmente segnava i passaggi alle varie fasi dei lavori durante le tre giornate piene che ci hanno visti impegnati nel dissezionare la democrazia e i suoi surrogati, per uscirne con nuova grinta e maggior consapevolezza.

DIBATTITO GUIDATO La libertà, conquistata con un referendum il cui peso si perde ormai nella notte dei tempi, non è mai un dato di fatto, ma un processo che richiede costante vigilanza, per evitare che surrettiziamente essa venga spodestata da altri suoi surrogati che niente le hanno in comune. Per giungere “al cuore della democrazia” – il motto della Settimana di Trieste – e non restare alla sua periferia, sono occorse le quattro relazioni dei periti invitati per sollecitare la riflessione sui temi proposti, seguite agli interventi del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del presidente della Cei e arcivescovo di Bologna cardinale Matteo Zuppi, i cui contenuti sono stati opportunamente delineati in altri articoli nel precedente numero de L’Araldo. Alle relazioni seguiva un tempo di ripresa personale dei contenuti proposti per poi confluire nella cinquantina di gruppi di lavoro per dibattere e formulare proposte sintetiche da consegnare poi al Comitato scientifico organizzatore.

Questo perché la spontaneità, così valorizzata in questa epoca fluida, non sempre è apportatrice di benefici sostanziali per il dibattito scientifico; durante i gruppi di lavoro infatti è stato richiesto più spazio e maggior tempo per discutere, ma evidentemente ci si sarebbe dispersi in rivoli di critica e di emergenze, di problematiche e realtà che non funzionano.

METODO ESPORTABILE Così l’imposizione di un metodo. Per educare la libertà, servono opportuni argini che, come per i corsi d’acqua, incanalino eventuali flutti esondanti per riportarli in alveo. Nei giorni di Trieste ai convenuti nei gruppi di discussione è stato chiesto di compiere lo sforzo di sospendere la spontaneità partecipativa allo scopo di concentrare le idee in modo sintetico, preciso, e concettualmente ponderato. Il fine ultimo di tutto questo lavoro infatti doveva confluire in una grande raccolta di dati partecipativi per ogni gruppo di lavoro, per confezionare la bozza di quello che sarà poi il documento finale. Tale costrizione ha certamente comportato un impoverimento nei processi di contribuzione e di conferimento di contenuti ed esperienze personali, in quanto le proposte richiedevano sintesi e precisione, ma ha anche costituito una opportunità di parola mirata per tutti, calibrata e misurata, in modo da non cedere a eccessi verbosi e inconcludenti. Il metodo applicato mediante scrittura cartaceo/digitale, con cui veniva richiesto di partecipare alla discussione si è rivelato utile per chiarirsi le idee, rileggendole prima di condividerle, per essere dense e intense. Questo può costituire un modello procedurale da esportare anche in realtà diocesane o parrocchiali, come gruppi sinodali, consigli pastorali, organismi partecipativi, troppo spesso sconclusionati, inconcludenti e confusi.

don Andrea Padovan

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