Portare la speranza ai dimenticati. È l’impegno che la Caritas diocesana di Vigevano porta avanti verso carcerati e senzatetto. Una scelta che il 50enne Cesare Vailati svolge dal 1999.
VICINO AI CARCERATI «Ho iniziato col servizio civile – racconta – poi ho seguito un corso e sono diventato educatore professionale, approdando presto in Caritas. Diciotto anni fa mi sono avvicinato al pianeta carcere. In tutto questo tempo ne ho viste passare tante, di persone, e devo dire che il penitenziario è un luogo dove il rischio di recidiva, di commettere reati e tornare in prigione, è molto alto. Aiutiamo i detenuti, una volta usciti, a trovare un lavoro, una casa, ad avere un riscatto insomma, ma non è sempre facile, e a volte il risultato non premia gli sforzi, e c’è chi ci ricasca. I percorsi che riescono, però, sono tanti, e questi ragazzi poi vanno per la loro strada».
Alcuni diventano a loro volta operatori, “custodi” di altri ex carcerati, e riescono ad avere una vita piena, soddisfacente.
I CUSTODI Che compito ha la figura particolare del “custode” rispetto agli altri ex detenuti? «Vive da solo in un piccolo appartamento, ma è un punto di riferimento per gli altri che vivono nella struttura, diventando un tramite fra gli operatori e le persone in difficoltà. Deve essere disponibile ad aiutare gli altri, ma anche far rispettare le regole e segnalare i trasgressori al personale Caritas». Un lavoro estremamente ampio, quello degli operatori Caritas in carcere, che agli ex detenuti cercano di trovare accoglienza in una struttura e di coinvolgerli nel volontariato. «Si impegnano, ci credono, partecipano alla raccolta di fondi e di generi di sostentamento, alla preparazione dei pasti». Com’è l’approccio dei volontari in un penitenziario? «Se penso ai miei primi ingressi, devo dire che avevo un po’ di timore. Bisogna entrare in punta di piedi in un altro mondo, superare la loro diffidenza, ma per il Terzo settore c’è sempre molto rispetto: è difficile che i volontari non vengano accolti bene. E’ difficile dire “no” a chi non rispetta le regole, certi non la prendono bene».
LA MANO TESA Cosa porta a casa un operatore, dentro di sé? «Sentimenti contrastanti: tanta gioia quando fai del bene, anche se a volte non si viene capiti e qualcuno non rispetta le regole, tornando a far uso di sostanze, o alla strada. Ma ci credo, bisogna crederci sempre, anche quando hai davanti una persona che forse, immagini, non ci riuscirà. Perché altrimenti l’altro se ne accorge. Un’opportunità va data sempre a chiunque. Se per qualcuno questo non è il momento di accogliere la mano che gli si tende, ci sarà un’altra possibilità più avanti. Mi è capitata qualche persona che non voleva essere salvata, ma se non è oggi capiterà comunque».
Davide Zardo