Necessario un cambio di rotta contro una delle “pandemie” silenziose di questi tempi, l’antibiotico resistenza. La naturale mutazione dei batteri è accentuata dall’uso eccessivo e inappropriato degli antibiotici, aumentando il rischio di complicanze in caso di infezione, fino a causare la morte, come è successo per circa 12mila pazienti nel 2023.
NUMERI Il fenomeno è una delle principali sfide per la medicina del presente e del futuro. L’Ecdc (Centro europeo per il controllo delle malattie) ha registrato 670mila infezioni da batteri resistenti agli antibiotici l’anno scorso, con oltre 35mila decessi, il che significa che un terzo di questi si è verificato in un solo paese, l’Italia. È proprio la penisola la più esposta a quella che secondo le stime nel 2050 diventerà la prima causa di morte a livello mondiale, continentale e nazionale, con 10 milioni di morti globali, cifra non molto distante da quella della pandemia da coronavirus. Secondo l’Ecdc, per le infezioni batteriche gli ospedali del Belpaese sono i più pericolosi dell’Ue dopo il Portogallo, quasi un paziente su dieci contrae un’infezione durante il ricovero. L’Italia è anche quella che somministra più antibiotici, nei nosocomi almeno il 44.7% dei degenti è sottoposto a copertura contro una media Ue del 33.7% e anche “a casa” vi è un largo uso, il 35.5% degli italiani ne ha preso almeno uno nel biennio 2022-23.
FINO ALLA FINE In quest’ultimo caso un altro elemento è il completamento della terapia: troppe persone interrompono l’assunzione alla scomparsa dei sintomi, senza concludere il ciclo, ma non sempre l’infezione su è conclusa: «Esposti agli antibiotici, i batteri sensibili vengono uccisi, mentre i batteri resistenti possono continuare a crescere e moltiplicarsi – informa il Ministero della Salute – Questi batteri resistenti possono diffondersi per contatto diretto o indiretto e causare infezioni in altre persone», portando a importanti conseguenze.
Nel caso in cui un microorganismo acquisisca la capacità di resistere all’azione di un antibiotico la malattia infettiva da esso causata può essere più difficile da curare.
EDUCAZIONE Per questo è bene sensibilizzare i cittadini, anche se «ancora oggi è davvero molto difficile far capire alle persone che l’antibiotico molte volte non serve – racconta Giorgio Rubino, medico di famiglia e presidente di Amf Vigevano – Ultimamente sono molti i pazienti che pretendono la prescrizione dell’antibiotico anche per un banale raffreddore, malanno che nel giro di cinque giorni passa da solo senza medicinali. Il problema è che oggi non si ha più la pazienza e si vuole guarire nel giro di un giorno». Invece «bisogna spiegare ai cittadini che gli antibiotici vanno prescritti esclusivamente con ricetta medica e servono solo a combattere infezioni batteriche, la sindrome influenzale è un fatto virale, come del resto anche tutte le forme parainfluenzali. Questo significa che l’antibiotico non solo non serve a far guarire, ma è anche controproducente, perché può abbassare le difese immunitarie».
ALTRI USI Senza dimenticare che gli antibiotici non si usano solo in ambito medico. «Alcuni alimenti possono giocare a sfavore dell’antibiotico resistenza – spiega Rubino – basti pensare agli allevamenti intensivi e alle carni sia rosse sia bianche che in alcuni casi contengono antibiotici, fattore che sicuramente può contare per le antibiotico resistenze nelle persone». Altri abusi possono riguardare le cure dentistiche: «È necessario assumere una cura antibiotica solo se strettamente necessario anche in ambito odontoiatrico, così come arrivare a un uso più mirato nella cistite femminile». Se la vicina Francia sta avendo successo nel ridurre il numero di prescrizioni, c’è da fare ancora un po’ di lavoro in Italia. «Come Amf abbiamo fatto diversi corsi in merito, ma ci piacerebbe poterne fare un altro prossimamente, magari coinvolgendo la popolazione».
Rossana Zorzato