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Un processo democratico. La Settimana sociale di Trieste “Al cuore della democrazia” non è un evento chiuso in se stesso, ma è il culmine di un percorso più lungo che non intende esaurirsi negli appuntamenti del capoluogo friulano. Lo ha spiegato monsignor Luigi Renna, arcivescovo di Catania e presidente del Comitato scientifico e organizzatore intervistato da Agensir, che ha ricordato il cammino di avvicinamento fatto tanto a livello nazionale – a partire dal Documento preparatorio diffuso nel 2023 – quanto a livello diocesano, ma ha anche guardato avanti, con l’auspicio «che sia messo da parte il clima di rassegnazione, che tante volte ci porta alla conta dei numeri e a uno sguardo nostalgico del passato. I cattolici in Italia si rendano conto che sono chiamati a dare speranza al Paese, perché sono già presenti dove si amministra e si costruisce il bene comune. Hanno bisogno di dialogare maggiormente, perché il dialogo tante volte manca, e di essere meno prigionieri delle visioni politiche, ricordando che c’è qualcosa di più grande che ci unisce».
LUNGIMIRANZA Anche nel tempo, considerato che questa sarà la cinquantesima edizione della Settima e per la prima volta non sarà dei cattolici “italiani” bensì “in Italia” (a fotografare una società che è cambiata), e nello spazio, da un porto all’altro: la precedente si era svolta a Taranto e aveva messo al centro ambiente e lavoro nel segno del “Pianeta che speriamo”, l’appuntamento di Trieste – città di confine e contesa nella storia, nondimeno ponte tra culture e popoli – ne raccoglie il testimone da un lato mettendo al centro la democrazia e dunque i meccanismi che consentono di costruire quel pianeta, una «scelta profetica» per mons. Renna «basti pensare all’astensionismo registrato nelle ultime elezioni europee o all’emergere di populismi e nazionalismi», e dall’altro lato facendo propria la parola chiave di ogni Settimana sociale ovvero “partecipazione”. «La partecipazione alla vita civile – si legge nel Documento preparatorio che fa da chiave di lettura della Settimana – assume nomi sempre nuovi, la possiamo riconoscere nella perdurante vitalità dell’associazionismo e del terzo settore; nell’emergere di una nuova economia civile animata da imprese e cooperative orientate alla responsabilità sociale». Ma anche negli amministratori che ascoltano «i bisogni emergenti di città e territori», in percorsi «di progettazione dal basso per una cura condivisa e partecipata del bene comune», «nella spinta propulsiva dei giovani per la cura dell’ambiente»,
nell’impegno di tante Chiese locali per la costruzione delle comunità energetiche (eredità principale dell’esperienza tarantina).
SPAZI APERTI Facendo tesoro di questi esempi, gli organizzatori non hanno limitato la discussione alle sole delegazioni provenienti da tutte le diocesi italiane, ma aperto il dibattito alle “Piazze della democrazia”, dedicate a scuola, sport, ecologia, salute, famiglia, energia, periferie, istituzioni, carcere, economia civile, giovani, partecipazione, cittadinanza, pace, uguaglianza, Europa. «Come Comitato – ha spiegato Elena Granata, docente di Urbanistica al Politecnico di Milano, intervistata da “Il Segno” – abbiamo pensato che forma e contenuto, messaggio e metodo dovessero coincidere», per questo si è deciso di «prevedere momenti di confronto tra i delegati e 15 piazze tematiche di discussione aperte a tutti in città. Un grande e diffuso “pensatoio” intorno alle grandi questioni aperte del nostro tempo con ospiti che verranno dai più diversi mondi sociali». Nella stessa direzione va la decisione di non aver preparato una dichiarazione conclusiva da approvare, per affidarsi al discernimento dei delegati e alle buone pratiche raccontate nelle Piazze. «Emergerà una visione che forse potrà essere poliedrica – ha riflettuto mons. Renna – ma il poliedro non è una figura imperfetta, come ci ha insegnato papa Francesco, è piuttosto quella figura che meglio esprime la complessità della nostra realtà ma che ha un centro. Il nostro “centro” è quello di chi, annunciando il Vangelo, vuole promuovere l’uomo; e come promuovere l’uomo in una società se non assicurandogli la partecipazione a una vita democratica?».
Giuseppe Del Signore