Incontro con Gigi Franchini, interprete di operetta e personaggio a 360 gradi. Quando hai iniziato a cantare, e come ti sei avvicinato al mondo dell’operetta e delle canzoni del primo Novecento?
Premetto che io mi considero da sempre un eterno dilettante e che quello che faccio in ambito teatrale deve darmi gioia e divertimento e senza presunzione credo di riuscire a trasmetterle al pubblico, nel mio caso formato quasi esclusivamente da persone agé. Nasco in una famiglia dove si è sempre ascoltata molta musica: dischi, radio e successivamente in televisione, che nei primi anni trasmetteva spettacoli di evasione di un certo valore, al contrario di oggigiorno. Sono sempre stato appassionato da quello che è teatro sia di prosa che di musica e mi sono avvicinato come spettatore di tutto ciò fin da giovanissimo.
Mi considero un “piccione viaggiatore” per seguire spettacoli di prosa, lirica e balletto, ovviamente ultimamente facendo una cernita in quanto a differenza di anni addietro trovare produzioni di valore è sempre più difficile. Per la prosa mancano attori di carisma, molti provengono dalla televisione con dizione approssimativa e il più delle volte bisbigliano e la parola va al vento
I registi poi, e questo anche nella lirica, oltre a essere molto improvvisati, vogliono metterci “del loro” con risultati sciagurati. Ma torniamo a me che come ho detto sono cresciuto fra persone che parlavano molto di teatro ed evidentemente ho assorbito e mantenuto questa passione, che più avanti, conoscendo parecchia gente dell’ambiente, si è riversata nella voglia di misurarmi sul palcoscenico, questo grazie soprattutto ad Aurora Banfi, autentica artista d’operetta che ha individuato in me la genuina passione per questo genere. Diciamo che “mi ha preso per mano” nei suoi concerti d’operetta dopo aver lasciato la prestigiosa Compagnia dove era soubrette di lusso. Con lei ho collezionato tante serate e in poco tempo ho incentivato il mio repertorio di comico-cantante. Più avanti ho scoperto le canzoni della prima metà del Novecento, periodo che corrisponde a quello dell’operetta e dopo aver assistito a svariati concerti di Milly, che proponeva questi motivi con gusto raffinato, ho pensato di avvicinarmi a questo repertorio che può essere gestito anche col solo accompagnamento del pianoforte.
Hanno avuto molta importanza i pianisti che mi hanno accompagnato e cito Gino Bettoni che ha seguito i miei primi passi molto fraternamente senza far pesare la sua professionalità, ma gustando il mio entusiasmo e la mia spensieratezza e incoscienza
In seguito Roberto Negri (docente alla Scala e accompagnatore di cantanti di fama) che ha saputo portarmi ad un livello più considerevole; con lui ho realizzato le mie prime incisioni. La frequentazione di certi pianisti è sfociata anche in amicizia; il caso di Marco Paderni (che ormai da diversi anni è accompagnatore alla Scala della Scuola di Ballo) e ovviamente Paolo Marconi che è assiduo al mio fianco nei miei concerti che diventano, alla fine, momenti di divertimento reciproco.
Quali sono le soubrettes con le quali ti sei trovato più a tuo agio?
Nel corso degli anni ho avuto al mio fianco tantissime “spalle” femminili e devo dire che con tutte mi son sempre trovato bene e in sintonia anche perché c’è sempre in primo piano il divertimento che anche nella vita di tutti i giorni è un autentico toccasana.
E la tua canzonetta preferita?
Essendo un appassionato ho un vasto repertorio e non c’è una canzonetta che preferisco, ovviamente sono più portato al genere comico che per l’epoca in esame porta facilmente al doppio senso, ovviamente velato e sottinteso, e il divertimento in questo caso è assicurato.
Che interesse c’è nel pubblico verso questi due generi musicali?
Il pubblico più che interesse vero e proprio dimostra piacere nell’ascolto sia dell’operetta sia nelle canzoni che vanno dagli anni Venti agli anni Quaranta, praticamente il periodo fra le due guerre, ma purtroppo come tutti i generi di teatro è distratto ed accalappiato dalla televisione, un’arma a doppio taglio.
Che società rispecchiavano le canzoni degli anni ’20, ’30, e quelle del dopoguerra? Insomma, è corretto dire “sono solo canzonette”, o c’è qualcosa di più, in profondità?
Forse non è corretto dire “sono solo canzonette”, certamente quelle di evasione sono motivi orecchiabili alla portata di tutti, le altre rispecchiano i sentimenti d’amore che purtroppo al giorno d’oggi, in una società frenetica e superficiale, risultano un po’ superate, ma restano comunque delle belle poesie in musica.
Gigi Franchini, cosa pensi della musica di oggi?
Della musica di oggi non ti so parlare, molto raramente mi arriva all’orecchio qualcosa che mi piace, ma la mia è un’osservazione personale perché io sempre più mi considero un “ragazzo del Novecento”.
La musica è abbastanza diffusa nelle scuole?
Scusa, ma nelle scuole si fa musica? Credo che a parte qualche Conservatorio anche lì il piatto piange.
Il tuo compositore preferito.
Non ho un compositore preferito e apprezzo tutti quelli che hanno composto buona musica. Se proprio vuoi un mio apprezzamento ti dico che
per quanto riguarda la lirica metto al primo posto Verdi, ma senza nulla togliere agli altri operisti italiani anche quelli meno conosciuti del cosiddetto periodo verista e poi quelli francesi e russi che hanno tutti il mio plauso
Per la sinfonica metto in primo piano Cajkovskij (sto leggendo in questi giorni una sua biografia interessantissima) sia per le sinfonie sia per le musiche dei suoi balletti, insuperabili.
Un episodio divertente che ricordi volentieri.
Sono tanti, ma quello che a pensarci mi strappa ancora il sorriso è quello capitato in un teatro emiliano. Una signora seduta in prima fila, presa dall’entusiasmo, si è alzata e nel risedersi non si accorta che il sedile si era automaticamente alzato, piombando in terra.
Gigi Franchini, don Siro Damiani era un tuo pro-zio. Che ricordi ci sono di lui nella tua famiglia?
Ho scritto un libro su questo mio antenato sacerdote, parroco di Mede dal 1894 al 1917, del quale in famiglia si parlava spesso. Me lo figuro come “angelo custode” per farmi continuare ad essere sereno in questa società confusa, problematica e mal governata. Anche lui ha scritto diversi romanzi e suonava il pianoforte; chissà che qualcosa non mi abbia trasmesso: gli sono riconoscente.
Davide Zardo
La biografia
Gigi Franchini prima ancora di essere interprete d’operetta è senz’altro un profondo cultore e appassionato di tutto ciò che è teatro e lo dimostrano i suoi concerti-spettacolo dove, in veste di anfitrione, trasferisce una garbata comicità e uno stile appassionato nelle canzoni e nei monologhi, lasciando spazio ai doppi sensi, più o meno velati, ricordi, nostalgie e inevitabili sorprese. Si è impegnato nello studio del repertorio di fine dicitore nonché dei monologhi tratti dal cosiddetto “teatro dell’equivoco”. Si è cimentato in alcune registrazioni: “L’amore sciocco” che comprende brani d’operetta per solo comico; “Si fa, ma non si dice” e “Ti darò quel fior” raccolta di canzoni soprattutto comiche. Si ritiene un curioso osservatore dello stile di vita e di cultura italiana del primo Novecento e per questo ha costruito un vasto repertorio di quel periodo confluite ancora in “Signorinelle pallide e uomini in frack” con melodie della prima metà del XX secolo nonché in “Ho un sassolino nella scarpa” e “Non me ne importa niente” con motivi del periodo degli anni dell’immediato secondo dopoguerra. Considera Milano un po’ la sua città di adozione alla quale ha dedicato “Passeggiando per Milano”, una registrazione con canzoni e brani recitati. Insieme alla soubrette Graziella Brega sta preparando un ulteriore CD dal titolo “Una rondine non fa primavera”, una carrellata di duetti comici dalle operette italiane. Gigi Franchini è nato e vive a Garlasco ed ha potuto sviluppare la sua passione anche nella professione di recensore teatrale. Ha pubblicato il libro ”Lita Manuel, ed è subito operetta” sulla vita di questa soubrette del primo Novecento che gli è stata amica nonché ”La vita è uno sguardo alla finestra” ricco di situazioni autobiografiche. E’ recente la pubblicazione del libro “Don Siro Damiani, il prete dei giovani” che illustra la figura di questo suo antenato sacerdote vissuto a cavallo fra Ottocento e Novecento.