Da quanto è priore della confraternita di San Bernardo e qual è la sua storia?
«Sono priore da circa 8 anni. Mi piace ricordare che la Confraternita del SS. Crocifisso di San Bernardo ha sede nella omonima chiesa di San Bernardo, una della più antiche di Vigevano e dove per tradizione viene accolto il nuovo vescovo al suo ingresso in città, anticamente effettuato sul dorso di una mula bianca. I documenti datano l’istituzione della confraternita, in un primo tempo denominata Confraternita dei Disciplini, al 22 novembre del 1575, con bolla di monsignor Maurizio Pietra, primo vescovo di Vigevano. Nel 1583 la Confraternita, per concessione di papa Gregorio XIII, fu aggregata all’Arciconfraternita del SS. Crocifisso di San Marcello in Roma e nel 1672 prese definitivamente il nome di Confraternita del SS. Crocifisso. Lo scopo della confraternita è appunto quello di sviluppare la devozione del SS. Crocifisso, lo spirito di pietà e di carità tra i membri, e la formazione cristiana della persona».
Cosa significa, per lei?
«Sono nato in vicolo Barbavara, dove tutt’ora ci sono gli uffici della mia attività, a pochi, pochissimi passi dalla chiesa di San Bernardo e dalla chiesa di San Francesco, dove da piccolo ho frequentato l’oratorio facendo il chierichetto con don Pietro Bellazzi. Sono quindi molto legato a questi posti ed essere priore della Confraternita di San Bernardo è per me un onore, un privilegio e motivo di orgoglio».
E per la comunità?
«Per la comunità penso significhi avere un punto di riferimento anche per poter dare continuità al nostro sodalizio, in tempi non certo favorevoli. L’età media dei confratelli avanza sempre più e non è facile trovare persone, soprattutto giovani, che si vogliano impegnare in ambito religioso. Il ricambio generazionale purtroppo è un problema comune e molto sentito anche tra le altre confraternite della Diocesi e non di facile soluzione. Approfitto di questa speciale occasione per invitare chiunque si voglia avvicinare a non esitare nel farsi avanti. A volte ci si fa un’idea delle confraternite lontana dalla realtà: siamo un gruppo vivace che ha e vuole al proprio interno persone con idee nuove e coinvolgenti, e l’invito è quello di contattarci e venirci a conoscere di persona».
Quali sono i valori della confraternita che l’hanno maggiormente convinto ad accettare il ruolo di priore?
«Ho ricevuto dai miei genitori un’educazione cristiana e ho frequentato per molto tempo l’oratorio di San Francesco, per me non è stato difficile accettare l’invito ad entrare in confraternita e successivamente diventarne priore. Abbraccio per intero i valori della nostra confraternita, che sono poi quelli insiti nello scopo sopra citato. Ma è soprattutto lo spirito di carità cristiana e di aiuto reciproco non solo tra confratelli, ma esteso a tutti quanti ne hanno bisogno, quello che più faccio mio. A tal proposito voglio citare un esempio di vita del beato Pier Giorgio Frassati, protettore delle Confraternite, che verrà canonizzato da papa Francesco il prossimo anno nel corso del Giubileo: “Per lui l’amicizia è un modo di vivere la Chiesa, come luogo accogliente in cui ciascuno è amato e rispettato per quello che è. E’ un modo concreto di aiutarsi vicendevolmente sul cammino della vita, che a volte si indurisce drammaticamente e rende tanto prezioso l’appoggio di chi ti sta vicino”».
C’è un elemento, un particolare della storia della confraternita, una delle più antiche della città, che l’ha colpito di più e che si connette anche con la sua vita personale?
Le confraternite religiose in generale, come anche quella della quale faccio parte, nascono anche come società di mutuo soccorso per dare aiuto concreto e conforto ai propri membri ed alle loro famiglie. Ecco: per quanto posso cerco di applicare questi principi nella quotidianità di tutti i giorni e nell’ambito delle mie conoscenze.
Cosa possono insegnare, trasmettere?
«Confraternite e sodalizi religiosi possano svolgere, come già lo fanno, un ruolo di aiuto sia spirituale che concreto per le comunità delle quali fanno parte. Ancor più oggi, con la crisi delle vocazioni in atto e l’accorpamento delle parrocchie nelle unità pastorali, possono essere un valido supporto per le iniziative diocesane. Ad esempio porto l’attività svolta dal Priorato Diocesano delle Confraternite e dei Sodalizi Religiosi che svolge un ruolo di coordinamento delle attività liturgiche e caritatevoli dei singoli gruppi. Come anche quello della Cdal, Consulta diocesana delle associazioni laicali, i cui lavori permettono un confronto di idee ed esperienze in stile sinodale tra le singole aggregazioni laicali volte a formulare proposte in sintonia con il piano pastorale diocesano».
Come è cambiata la sua vita da quando è priore?
«La mia vita non ha subito cambiamenti sostanziali se non dal punto di vista di un maggiore impegno e di una maggiore responsabilità all’interno della confraternita. La responsabilità è anche quella di mantenere aperta al culto, e quindi provvedere alla sua manutenzione ordinaria e straordinaria, la chiesa di San Bernardo. I costi per gli interventi di manutenzione sono sempre maggiori e contrastano con la costante diminuzione delle offerte dei fedeli. A cavallo degli anni 2022/23 la chiesa di San Bernardo è stata oggetto di un’importante opera di risanamento conservativo alle capriate del sottotetto, senza la quale correva il rischio di non poter più ospitare celebrazioni liturgiche. Come si può ben immaginare l’impegno economico è stato notevole ed è stato affrontato con l’aiuto della Diocesi, attraverso la quale abbiamo avuto accesso ad un contributo della Cei, di Fondazioni e di quelli che io amo definire “amici di San Bernardo” che con le loro offerte ci hanno permesso di raggiungere l’importo finale».
La festa di San Bernardo è particolarmente sentita, in città. La comunità segue il programma con spirito devozionale: cosa le dice, tutto questo?
«E’ vero, è proprio così. La sagra di San Bernardo, la più antica della città, ha sempre un seguito importante. Il sacro della devozione dei fedeli al santo di Chiaravalle si mischia al profano del rogo del diavolo. In questi ultimi anni, noi della Confraternita ed i nostri collaboratori, siamo stati bravi a dare maggior risalto alla manifestazione, sia dal punto di vista religioso che da quello folkloristico. Quest’anno in particolare abbiamo avuto un ottimo riscontro di presenze nelle serate del triduo di preparazione ed alla messa domenicale officiata da monsignor Maurizio Gervasoni, quanto al rogo del diavolo. Tutto questo mi dice che dobbiamo continuare su questa strada. Gli sforzi per organizzare i quattro giorni di festa sono sempre maggiori e siamo nella morsa della burocrazia e dei costi. Le nostre fatiche sono però ampiamente ripagate dal seguito riscontrato e vedere i bimbi con il naso all’insù che attendono trepidanti l’entrata in scena di Barlic è una vera e propria emozione».
Cosa ricerca, la gente? Il senso della propria storia o c’è altro?
«Credo che a richiamare la gente sia l’aspetto devozionale verso san Bernardo e gli altri santi venerati nella chiesa rionale, come san Giuda Taddeo e san Giovanni Bosco, senza dimenticare il senso di appartenenza ad una città storica e a un rione con profonde radici popolari. In fondo si vedono genitori e nonni che, con la scusa di portare figli e nipoti, sono i primi a non voler mancare alla serata del rogo. Va sottolineato inoltre l’aspetto della tradizione, che accompagna l’innalzarsi delle fiamme del rogo ai migliori auspici per il raccolto dell’anno a venire: un momento sempre atteso con trepidazione e speranza».
Avete già pensato alla programmazione 2025?
«Per quanto riguarda la programmazione del 2025 il nostro impegno sarà sempre quello di diffondere la cultura religiosa ed i valori cristiani in essa contenuti, continuare a partecipare alle iniziative diocesane ed alle celebrazioni liturgiche da essa organizzate. Non dimentichiamo che il prossimo sarà un anno giubilare. Infine, ma non ultimo, portare avanti le tradizioni popolari continuando ad organizzare la nostra sagra».
Isabella Giardini