L’Intervista / Sara Aly, i segreti del dono del Nilo

Perché a distanza di millenni bisogna ancora studiare l’Antico Egitto e tutto ciò che lo caratterizza?

«Parlando per me, ho origini egiziane, quindi è come andare alla scoperta del mio passato, di un luogo che ha comunque caratterizzato una parte importante della mia vita. Mi sono appassionata particolarmente all’Antico Egitto in Università. Ho studiato Lettere Antiche alla Statale di Milano, dopo aver frequentato il Liceo Scientifico a Vigevano. Studiandolo e essendo più volte andata in vacanza con la mia famiglia in Egitto, ho capito che sarebbe potuto diventare il mio percorso e ambito lavorativo. Successivamente, una volta conseguita la laurea triennale, ho fatto il master a Manchester e per finire il mio primo grande traguardo. Il British Museum di Londra, con i progetti “Recovery” e “Circulating Artefacts”. Quello che faccio è occuparmi di recuperare reperti, materiale antico e combattere i cosiddetti ladri d’arte. Sono fenomeni purtroppo virali, c’è chi si organizza per rubare e fare propri tesori che appartengono a tutti noi e che segnano e rappresentano le nostre origini. Ecco io mi assicuro, insieme al mio team, di fare in modo che questo non avvenga. Tutti devono aver modo di vedere ciò che gli antichi Egizi ci hanno lasciato, sono una civiltà millenaria che ha ancora molto da insegnarci e sulla quale abbiamo ancora molto di cui indagare».

Come ricercatrice del British Museum la tua carriera si svolge ormai su un piano internazionale, ma nonostante questo a volte torni a Vigevano. Che ricordi hai della tua città?

«Vigevano è e sarà sempre la mia città. Mi ha dato tanto e ha contribuito in modo significativo alla mia crescita personale e professionale. Ho fatto la volontaria alla Croce Rossa, ho capito il significato e l’importanza di mettersi a completa disposizione del prossimo. Allo stesso tempo studiavo, e allo Scientifico ho capito di avere e nutrire una grande passione per il mondo antico, e in particolare per l’Egitto, di fatto uno dei luoghi da cui ha avuto origine la civiltà occidentale e il nostro pensiero. Devo sottolineare che la storia non mi è sempre piaciuta, anzi all’inizio ho avuto un rapporto difficile con questa disciplina. Ho iniziato ad apprezzarla quando ho iniziato a immaginarla come se fosse un racconto, un romanzo di tante pagine e ogni pagina presenta altrettanti insegnamenti. Il primo corso che ho frequentato in Università è stato Egittologia: amore a prima vista. Finita la prima lezione ho chiamato mia mamma e le ho annunciato che da grande avrei voluto e desiderato fare proprio l’egittologa. A ogni modo non ho mai dimenticato le ore passate sui libri tra le aule della biblioteca Lucio Mastronardi.

E anche per questo almeno una volta l’anno torno nella mia città, nella mia biblioteca per salutare i miei amici e per organizzare convegni su un aspetto particolare riguardante la civiltà egizia.

Una civiltà che come hai ribadito tu, ha ancora molto da insegnarci. Qual è l’aspetto che ti ha colpito maggiormente e perché dobbiamo continuare a studiarla?

«Quest’anno ho tenuto un convegno in cui ho spiegato di come quella egizia, rispetto anche a civiltà formatesi cronologicamente più avanti nel tempo, come quella persiana, fosse una cultura all’avanguardia. Perché? Basti pensare alle donne, che erano a tutti gli effetti padrone di se stesse e della propria vita. Rispetto a quanto avveniva nell’antica Grecia e poi con i Romani, non sottostavano all’autorità di un uomo nella quotidianità. Questo però non toglie che gli uomini erano gerarchicamente più importanti, e dunque avevano in mano ogni aspetto politico, amministrativo e governativo. Nonostante questo, godevano di una certa autonomia sotto molteplici punti di vista. E ancora mi piace sottolineare che quella egizia è stata una civiltà aperta e molto avanti dal punto di vista della medicina, della ricerca e naturalmente dell’architettura. Erodoto la definiva il dono del Nilo: definizione su cui mi trovo perfettamente d’accordo».

Sara Aly
Sara Aly

Hai accennato al Circulating Artefatc: in che cosa consiste?

«Una volta finita la triennale ho deciso di fare un master all’estero. Ho inviato la mia candidatura a Leida, nei Paesi Bassi, una delle migliori università a livello mondiale per quanto riguarda lo studio dell’Antico Egitto. Nel mentre, però, il British Museum mi ha contattata per fare uno stage ed entrare in un progetto che consiste nel recuperare reperti e monumenti egizi rubati da ladri d’arte. In parallelo a gennaio 2020, mi avevano chiamato anche da Leida perché ero stata accettata. Però in quel momento ho deciso quale sarebbe stata la strada che avrei seguito in futuro. Dissi a mia mamma che mi sarei impegnata nella ricerca di antichità egizie rubate. Poi, l’anno successivo, ho svolto un master a Manchester. Non posso rivelare il mio modus operandi, altrimenti svelerei le mie carte ai trafficanti e potrebbero giocare d’anticipo. Una cosa posso dirla: il computer è ormai il mio compagno di viaggio da oltre cinque anni». Un altro aspetto importante e interessante dell’antico Egitto è quello legato all’arte: che pensieri hai a riguardo? «Se pensiamo alla Storia dell’arte come ricerca ininterrotta, come tradizione che tramandandosi da un artista all’altro crea un percorso che conduce fino ai nostri giorni, allora essa non comincia nelle caverne francesi dipinte dai nostri progenitori ma nella Valle del Nilo cinquemila anni fa. I grandi maestri egizi insegnarono ai Greci, e questi ai Romani; e tutta l’arte occidentale, dal XV al XIX secolo, è debitrice della cultura greco-romana. Per questo l’arte egizia è così importante per noi: perché molto di ciò che tendiamo a identificare con “arte” è nato all’ombra delle piramidi».

Invece, in senso più largo, perché bisogna studiare la storia e soprattutto perché è importante conoscere il passato?

«La storia è un racconto della memoria, che non deve essere perduto, perché ci fa riflettere sul nostro passato, per evitare che non si possano ripetere errori. Capire gli eventi del passato è utile, importante se non si capisce “da dove arriviamo” non possiamo essere dei buoni cittadini. Naturalmente questo è un discorso che vale anche per lo studio dell’antico Egitto. Come ho già detto la nostra civiltà deve molto a quella egizia, dal punto di vista artistico, culturale e etico». A proposito di donne e sovrane egiziane: chi ti ha colpito più di altre? «Nefertiti, perché è una delle più carismatiche, intriganti e misteriose figure femminili legate all‘Antico Egitto. Simbolo di bellezza e potere, la moglie del faraone Akhenaton non trovò in lui solo un compagno scelto per ragioni politiche o di governo, ma soprattutto un partner con una visione condivisa e complementare. Sebbene non siano molti i documenti scritti su di lei, la celebrità di Nefertiti è giunta fino ai giorni nostri grazie al suo straordinario intelletto, alla sua astuzia e, senza dubbio, alla sua bellezza che la rese, all’epoca, una delle donne più ammirate al mondo. Ricordo anche Nefertari, moglie di Ramses II, detto il Grande. Il loro matrimonio nonostante si sia verificato anche per motivi politici, fu simbolo di grande amore. Sapeva leggere e scrivere e fu l’unica sposa reale, insieme alla regina Nefertiti moglie del faraone Akhenaton, a essere divinizzata in vita: a lei è dedicato il tempio minore di Abu Simbel, vicino al più grande e celebre, che Ramses fece costruire per celebrare la compagna e altre divinità protettrici della maternità».

Edoardo Varese

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